Incontro di Sako a Milano | Tempi.it

ottobre 22, 2014Emanuele Boffi

Oltre mille persone ieri sera a Milano hanno ascoltato la testimonianza del patriarca iracheno. «Anche se tutti se ne andassero via, io rimarrei»

sako-incontro-tempi«Abbiamo bisogno della vostra fede». È questo il messaggio che ieri sera il patriarca di Babilonia dei Caldei Louis Raphael I Sako ha rivolto alle oltre mille persone accorse ad ascoltarlo a Milano. L’incontro, organizzato da Fondazione Tempi, Diocesi e Centro Culturale di Milano, aveva come titolo “Sperando contro ogni speranza. Testimonianza dal martirio dei cristiani iracheni” e non è durato più di un’ora. «Non bisogna fare cose lunghe che poi la gente si stufa – ha detto Sako –, ma brevi e forti». Aperto dai saluti del vicario Luca Bressan e dell’assessore regionale Cristina Cappellini, l’intervento di Sako si è sviluppato a partire dalle domande poste dall’inviato di Tempi Rodolfo Casadei e coordinato dal direttore del Cmc Camillo Fornasieri.

LA FEDE NON E’ UN’IDEA. Il patriarca ha raccontato quanto vissuto dai cristiani in questi anni, in particolare negli ultimi mesi, quando la pressione delle milizie jihadiste si è fatta più violenta, costringendo le minoranze ad abbandonare le proprie abitazioni per non essere uccisi. «Per noi – ha spiegato – è stato uno shock vedere arrivare 120 mila persone. Li abbiamo accolti nelle cattedrali, nelle chiese, nelle scuole». Intere famiglie, ammalati, sacerdoti sono fuggiti dall’Isis portando con sé nient’altro che i propri abiti e la propria fede: «Ma per queste famiglie la fede non è un’idea. Pur di mantenerla, sono pronto a sacrificare la vita».

iraq-sako-incontro-tempiOGGI IN IRAQ, DOMANI DAPPERTUTTO. I miliziani dello Stato islamico «hanno soldi e armi». L’intervento americano, che ha iniziato a bombardare, è importante, ma non risolutivo. «Io penso occorra anche un esercito di terra», ha chiosato Sako. Oggi il paese è debole, «dopo l’intervento americano» che ha deposto Saddam Hussein, «siamo passati dalla dittatura all’anarchia». Quel che occorre ora è un’azione decisa della comunità internazionale per «cacciare via lo Stato islamico. Perché quel che succede oggi in Iraq, domani potrà accadere dappertutto».
Ma anche i cristiani iracheni devono mostrarsi responsabili: non devono formare milizie autonome, ma «aggregarsi all’esercito curdo, che è ben organizzato, o a quello iracheno. Non possiamo pensare di poter liberare da soli tutte queste zone. Dobbiamo difenderci, ma la cultura della violenza non è la nostra cultura».

AI MUSULMANI CHIEDIAMO RECIPROCITA’. Oggi le famiglie cristiane sfollate sono sfiduciate. Capiscono che il ritorno a casa non avverrà nei tempi brevi che, inizialmente, avevano previsto. Molti pensano di lasciare il paese ed emigrare in Occidente. «Ma anche qui da voi ci sono molte sfide da affrontare», ha detto Sako. «Io capisco e rispetto coloro che pensano di abbandonare l’Iraq, ma al tempo stesso dico sempre che noi siamo su quella terra da duemila anni. Abbiamo portato lì il Vangelo. Abbiamo lì la nostra missione. Quel che chiedo a voi – sapete, noi orientali siamo un po’ sentimentali, non razionali come voi occidentali – è di far sentire la vostra vicinanza. Soprattutto abbiamo bisogno che voi torniate alla vostra religione, perché il discorso che maggiormente sento pronunciare dagli estremisti è che il cristianesimo ha fallito e ha lasciato un vuoto. E che questo vuoto va riempito con l’islam».
Quel che occorre è una «nuova cultura del dialogo e del rispetto. Serve una nuova lettura dell’islam che sia rispettosa dei diritti umani e che sia predicata ovunque, anche nelle moschee. Per questo la lettera dei 120 saggi musulmani che hanno condannato l’Isis non mi è piaciuta. Ha un doppio linguaggio. Parlano di “tolleranza”, ma io ho il diritto di vivere, non di essere tollerato. Noi rispettiamo i nostri fratelli musulmani e chiediamo a loro di rispettarci. Chiediamo reciprocità».

«IO RIMANGO!». Sako ha concluso dicendo che «noi cristiani iracheni siamo un piccolo resto, ma siamo forti grazie alla nostra fede. Siamo luce, siamo sale. Noi vi chiediamo di essere forti nella fede». Il patriarca, che ha di recente partecipato al Sinodo, ha rivelato di avere invitato papa Francesco a far visita all’Iraq e il medesimo invito l’ha rivolto ai presenti, «magari questa estate o per Natale. E poi spingete i vostri governi a intervenire. Dovete andare e protestare, scendere in piazza anche per le sorti di Asia Bibi. Purtroppo, a volte, i cristiani sono timidi, si vergognano persino di dirsi tali, ma dovete sempre ricordarvi che il nostro compito è la missione. Ogni cristiano deve andare, è un mandato».
E lui, Sako, cosa farà? «Io rimango in Iraq. Se tutti se ne andassero via, io rimarrei. Rimarrei a fare il patriarca, perché io sono il patriarca anche dei musulmani. Io rimango!».

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