INDIA Leader cristiano al Karnataka: Fermate i radicali indù, pericolosi per le minoranze – Asia News

di Nirmala Carvalho
Il Global Council of Indian Christians (Gcic) chiede al governo statale di non fare entrare il presidente del Vishwa Hindu Parishad (Vhp, nazionalisti indù): “Può causare problemi di ordine pubblico”. Sadhvi Balika Saraswati, un’altra attivista radicale, invita gli indù a “ricostruire il tempio di Ram ad Ayodhya. Armiamo le ragazze indù con una spada, e se un musulmano le guarderà gli taglieranno la testa”.

Mumbai (AsiaNews) – “Il governo deve impedire al leader indù Praveen Togadia di entrare nel distretto di Udupi. Contro di lui pendono almeno 19 accuse di incitamento all’odio, in decine di Stati: la sua presenza causerà problemi di ordine pubblico”. Attraverso AsiaNews Sajan George, presidente del Global Council of Indian Christians (Gcic), lancia un appello alle autorità del Karnataka per fermare il presidente nazionale del Vishwa Hindu Parishad (Vhp), associazione ultranazionalista indù. Il prossimo 9 marzo il leader radicale dovrebbe partecipare all’Hindu Samajotsava, raduno per celebrare il 50mo anniversario del Vhp, dove sono attese oltre 100mila persone.

“I discorsi provocatori dei politicanti della destra indù – sottolinea ad AsiaNews Sajan George – sono motivo di grave preoccupazione, perché alimentano un clima di sospetto e fomentano la violenza di matrice religiose. Queste celebrazioni per i 50 anni del Vhp sono solo esercizi di ‘zafferanizzazione’ [dal colore simbolo della destra nazionalista indù – ndr]”.

Da diverse settimane il clima è molto teso. L’ennesimo esempio è un comizio tenuto nel distretto di Mangaluru (sempre in Karnataka) da Sadhvi Balika Saraswati, una militante ultranazionalista indù.

La leader radicale ha invitato a lottare insieme contro la macellazione delle vacche e ha esortato la comunità indù a ricostruire il Ram Mandir (tempio dedicato al dio Ram) ad Ayodhya. “Un tribunale – ha detto – non deve decidere sul tempio, noi dovremmo decidere. Il Ram Mandir è l’orgoglio degli indù”.

Il riferimento è alla secolare contesa tra indù e musulmani di un terreno ad Ayodhya, culminata il 6 dicembre 1992 con la demolizione dell’antica Babri Masjidh (moschea di Babar) da parte di circa 150mila estremisti indù del Vhp. Questi sostengono che il luogo di culto islamico fosse stato edificato sui resti di un tempio di Ram. Sadhvi Balika Saraswati era tra i partecipanti alla demolizione.

Dall’assalto scaturirono violenti scontri in tutto il Paese, in cui morirono oltre 2mila persone, per lo più musulmani. Nel 2010 l’Alta corte di Allahabad ha stabilito che l’area sia divisa in tre parti tra indù e musulmani.

Al comizio Saraswati ha parlato anche della questione dei ghar wapsi. “Noi non stiamo facendo conversioni – ha sottolineato – ma ghar wapsi [‘ritorni a casa’ in hindi – ndr). Non stiamo dando roti o confezioni di paracetamolo come fanno i cristiani. Oggi la popolazione indù è di 1 miliardo di persone. Continueremo a celebrarli fino a che non diventeranno 1,25 miliardi”.

Secondo Saraswati, i musulmani dell’India “sono pakistani” e “usano la love jihad per attuare la supremazia dell’islam. L’onore delle nostre sorelle è truffato. Armiamo le ragazze indù con una spada, e se un musulmano le guarderà gli taglieranno la testa”.

L’espressione love jihad indica una presunta forma di conversioni forzate, praticata da musulmani con ragazze indù e cristiane: con l’offerta di un matrimonio, le giovani verrebbero poi costrette ad abbracciare l’islam.

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