“Infiltrati” dagli Jihadisti vogliono avere più armi

​A due anni dallo scoppio della rivolta anti-regime in Siria, i ribelli si presentano più divisi che mai, sia nella loro componente politica sia in quella militare. La Coalizione nazionale, che raggruppa la maggior parte degli oppositori siriani (Fratelli musulmani esiliati e riformisti firmatari della Dichiarazione di Damasco, nel 2005, ndr) e che ha ricevuto il riconoscimento, seppure con modalità diverse, della Lega degli Stati arabi, degli Stati Uniti e dell’Unione Europea, non è ancora riuscita a darsi un esecutivo.

E presto potrebbe perdere anche il proprio presidente, Moaz Khatib, vittima dello stallo politico: al momento, la formazione di un governo ad interim pare una chimera, ha ammesso lo stesso Khatib. Sul campo, l’Esercito siriano libero, composto da soldati e ufficiali disertori e civili che hanno imbracciato le armi, risulta pesantemente infiltrato da brigate di miliziani jihadisti sunniti. Questi ultimi agiscono in modo autonomo e si concentrano soprattutto nei territori di confine, dove sono affiancati, secondo testimonianze incrociate, da elementi stranieri di formazione integralista. Ai combattenti tunisini, la cui presenza sul terreno siriano è assodata da tempo, si sono aggiunti quelli indiani e pachistani, come rivelato di recente dalla stampa indiana.

Cliccare sul link per continuare a leggere: “Infiltrati” dagli Jihadisti vogliono avere più armi | Mondo | www.avvenire.it.

Print Friendly, PDF & Email
Questa voce è stata pubblicata in Africa e Medio Oriente e contrassegnata con , . Contrassegna il permalink.

I commenti sono chiusi.