Insulti islamici alla processione. Non si può dire «So’ ragazzi» | La Nuova Bussola Quotidiana

di Andrea Zambrano15-05-2015

L’errore più grande è quello di chiuderla a tarallucci e vino dicendo che, alla fine, “so’ ragazzi”. Interrompere al motto di “andate via di qui” e “questa è casa nostra” una processione religiosa non era riuscito neanche ai bravi di Peppone per i quali l’affronto massimo poteva essere non togliersi il cappello al passaggio della statua della Madonna o staccare la corrente all’altoparlante mentre il prete parlava.

Che il sindaco del comune di Conselice, in provincia di Ravenna, avesse voglia di chiudere la questione per non esacerbare gli animi era chiaro già dal comunicato che giovedì ha pubblicato sulla home page del sito dell’amministrazione: “Mi risulta che i ragazzi siano stati rimproverati”. È in quel mi risulta che alberga la spia che l’episodio di domenica debba essere considerato come un incidente di percorso, e nulla più, nell’ambizioso percorso di integrazione che i comuni sperano di costruire con le tante comunità islamiche sparse nel territorio.

I fatti però delineano scenari un po’ più inquietanti, a cominciare dal luogo in cui sono avvenuti.

Domenica. Ore 10.30, come riporta l’edizione ravennate del Resto del Carlino. Al termine della messa della parrocchia di San Martino parte la processione con la statua della Madonna. Siamo a maggio, mese dedicato al Rosario e alla Vergine.

In processione c’è la comunità parrocchiale, ci sono le autorità civili, ci sono i bambini di prima comunione. Al passaggio del corteo religioso in via Dante Alighieri succede qualcosa. Alcuni ragazzi, poi si dirà soltanto bambini, della vicina sede dell’associazione di cultura islamica Attadamun iniziano a inveire contro i fedeli: “Andate via”, “qui non potete stare”.

La cosa lascia sconcertati tutti. C’è chi è intenzionato a fermarsi e riprendere i ragazzi. Poi si decide di fare finta di nulla. Ma al termine, tornati in chiesa, non si parlava d’altro anche se, si legge dal Carlino qualcuno ha cercato di minimizzare dicendo che in fondo si è trattato di un gruppetto di bambini che non si sono resi conto della gravità del loro gesto. So’ ragazzi, appunto.

Ma la vicenda non si è chiusa sul sagrato: è finita sul giornale andando a coinvolgere anche il sindaco Paola Pula, primo cittadino Pd di Conselice che ha chiesto un incontro con l’associazione. Il giorno dopo arrivano le lettere di scusa dell’associazione consegnate al parroco e al sindaco. I quali hanno ringraziato per il bel gesto dell’associazione islamica. “Considero il comportamento tenuto dai rappresentanti di entrambe le comunità, la migliore risposta a qualsiasi strumentalizzazione dell’accaduto”, ha chiuso il sindaco.

Tutto risolto? Più o meno. Restano da capire almeno un paio di cose. Perché dei bambini che si presuppone frequentino le scuole regolarmente insieme a tutti gli altri iniziano ad inveire contro il sentimento religioso? Che cosa si cela dietro questa zingarata primaverile che, come risulta al sindaco, i bambini avrebbero pagato con una ramanzina dei genitori? Ai più è scappato un dettaglio.

Il luogo dal quale sono partiti gli improperi verso i fedeli cattolici non è una vera e propria moschea. Ma è la sede di un’associazione di cultura islamica. Un luogo in cui gli islamici istituiscono le proprie madrasse per i bambini e praticano un culto che nella stragrande maggioranza dei casi è abusivo perché è sotto il nome di associazione di cultura islamica che si celano gran parte dei luoghi di preghiera musulmani emiliani. I quali, per avere il titolo di moschea, devono dotarsi di caratteristiche urbanistiche proprie dei luoghi di culto. E che invece per comodità e grazie all’escamotage di una legge regionale che disciplina i luoghi di aggregazione culturale e sportiva, funge a tutti gli effetti da moschea. Con tutti i crismi che ne derivano, compresa la pretesa di considerarlo un luogo inviolabile, in quanto sacro. Anche se moschea non è.

In Regione la cosa è risaputa, basterebbe modificare la normativa e rendere più stringenti i permessi, ma questo comporterebbe il passaggio in consiglio comunale per le approvazioni urbanistiche avvitando la questione in favorevoli e contrari. Meglio procedere così.

Fino a quando qualcuno non si sente in diritto di cacciare dal proprio suolo alcuni fedeli che da quelle vie passano con statue e ostensori da almeno mille anni. Con il senso di sfida che questo gesto lascia con sé. Che cosa succederà se il prossimo anno qualcuno particolarmente zelante consigliasse di cambiare itinerario per non “urtare la comunità islamica”? E se la proposta dovesse passare per quieto vivere?

I bambini che hanno inveito contro la statua devono aver respirato un clima ostile al cristianesimo da qualche parte. Dove? Forse nelle stesse scuole coraniche approntate con il benestare dei Comuni sotto l’effige di normale attività culturale? Saranno anche ragazzate, ma bisognerebbe che qualcuno si interrogasse su chi ha reso il terreno fertile perché accadessero.

Sorgente: Insulti islamici alla processione. Non si può dire «So’ ragazzi»

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