IRAQ: LE ULTIME ORE DEI CRISTIANI A MOSUL | Ereb

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Dai racconti dei cristiani costretti a fuggire dalla città di Mosul emerge tutto il dramma di questa tragedia che ricorda la persecuzione contro gli ebrei avvenuta durante la Seconda guerra mondiale e altre tristi pagine della storia dei popoli della terra. Lo scorso 19 luglio a Mosul lo Stato islamico guidato da Abu Bakr al Baghdadi ha decretato l’espulsione dei cristiani dalla città, dopo aver marcato nei giorni precedenti le loro case con una “n”, che sta per nazareni, seguaci di Cristo.  Per terrorizzare i residenti i miliziani hanno assaltato gli edifici religiosi, bruciato statue e attaccato anche l’antico monastero del IV secolo di Mar Behnam, sulla cui sommità svetta ora al posto della croce la bandiera nera dell’Is. Le storie personali delle vittime di questa persecuzione iniziano ad emergere in questi giorni e descrivono più delle immagini delle famiglie in fuga gli ultimi istanti della comunità cristiana di Mosul.

Il calvario della popolazione cristiana inizia già lo scorso 17 luglio, quando come rivela al sito iracheno Niqash Duraid Hikmat Tobia consulente del governatore di Ninive per gli affari delle minoranze religiose, i leader dello Stato islamico diramano un comunicato per invitare tutti i rappresentanti della comunità, compresi sacerdoti e religiosi, a un incontro di presentazione degli obiettivi dello Stato islamico. Fino a quel momento nessuna delle azioni compiute dai terroristi aveva fatto supporre una cacciata delle persone di fede non musulmana dalla città. Tuttavia secondo Duraid Hikmat, quella era solo una calma apparente. Dopo aver tenuto un incontro nei locali del Club culturale e sociale di Mosul i leader della comunità decidono di disertare l’incontro con gli islamisti consapevoli che avrebbero offerto loro solo tre opzioni: convertirsi, pagare la jizya o lasciare la città. Infatti le reali intenzioni dello Stato islamico si manifestano la sera dopo, quando il gruppo terrorista dirama un comunicato, firmato dallo stesso al Baghdadi, in cui avvisa tutti i cristiani che l’Is è pronto a fare un grande favore “concedendo ai membri della comunità di attraversare i confini del Califfato entro la mezzanotte del 19 luglio”. Il testo racchiude una concreta minaccia di morte, sostenendo che “dopo questa data non vi sarà più nulla che potrà unire noi e voi se non la spada”.

Per molti cristiani il comunicato è un falso realizzato per intimidirli, ma l’annuncio di al Baghdadi nella principale moschea sunnita di Mosul togli ogni dubbio. Duraid Hikmat Tobia sostiene che in meno di 24 ore quasi tutte le famiglie cristiane della città iniziano a prepararsi per lasciare la città, portando con sé i loro averi. La maggioranza delle famiglie si mette in viaggio diverse ore prima della scadenza del diktat imposto dallo Stato islamico. Per spingere anche gli ultimi cristiani ad abbandonare le proprie abitazioni e la città i miliziani ordinano che tutti gli averi in loro possesso verranno requisiti: case, ori, denaro. I musulmani che hanno casa in affitto presso i cristiani da ora in poi pagheranno il dovuto allo Stato islamico. In totale oltre 10mila persone lasceranno Mosul.

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Il consulente per le minoranze di Ninive cita la storia della famiglia di Nael cristiano fuggito in Kurdistan insieme alla moglie ai figli, ma non alla madre che invece ha scelto di restare nella città. Il 18 luglio il giorno in cui l’Is diffonde il comunicato Nael è al lavoro, quando inizia a squillare il suo cellulare. Tutti i suoi amici cristiani e musulmani lo chiamano per avvisarlo dell’ordine dei terroristi, invitandolo a tornare a casa e portare in salvo la sua famiglia. Giunto nella sua abitazione l’uomo e sua moglie tentano di raccogliere tutto quello che può servire per la fuga. Un’ora prima della partenza la madre di Nael, 62 anni, decide di non partire. La donna invita la sua famiglia a partire senza di lei anche se ciò sarà doloroso, nei mesi in cui il resto dei familiari starà lontano dalla città lei veglierà sulla loro casa. I figli, i parenti e i vicini tentano di convincerla a partire, ma senza successo.

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Portando il suo figlio più piccolo sulle spalle Nael lascia Mosul. A un posto di blocco i terroristi confiscano tutti i loro averi, consentendo di portare solo pochissimi soldi, 8 dollari. Con quel denaro l’uomo riesce a pagare un autista che li accompagna fino alla città di Qosh, nella piana di Ninive a maggioranza cristiana e controllata dalle milizie curde. Una volta raggiunto il campo profughi Nael tenta di avere notizie di sua madre. Le ultime famiglie del suo quartiere ad aver lasciato la città rivelano che fino alle 11,50 di sabato 19 luglio la donna era ancora nella sua casa. Intorno all’ora di pranzo tre uomini dell’Is sono entrati nell’abitazione e hanno costretto la donna a seguirli dentro un’auto, senza poter portare nulla con se, al difuori di u vecchio scialle. La macchina con a bordo la madre di Nael viene avvistata per l’ultima volta all’uscita orientale di Mosul. Finora nessuno è a conoscenza del suo destino.

Simone Cantarini

Fonte: IRAQ: LE ULTIME ORE DEI CRISTIANI A MOSUL | Ereb.

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