di Joseph Mahmoud
Ricordate a Kirkuk le vittime della strage di due anni fa e anche i 37 cristiani uccisi in città del 2003 a oggi. La testimonianza della sorella di un giovane ingegnere rapito e assassinato: “Non importa quello che viviamo, è importante come lo viviamo e come riuscire a trasformare questi eventi per un incontro con Dio e con gli altri”.
Kirkuk (AsiaNews) – La memoria del gran numero di iracheni innocenti che hanno versato il loro sangue ingiustamente – cristiani e musulmani – è un momento forte per rinnovare la nostra fede in Dio e rinforzare la nostra fiducia e speranza. Ma nello stesso tempo dobbiamo tutti condannare questi atti odiosi di violenza che sono un insulto alla religione e all’ umanità. Il secondo anniversario della strage nella cattedrale di Baghdad del 31 ottobre 2010, costato la vita a 58 innocenti, e i 37 “martiri” cristiani uccisi a Kirkuk dal 2003 ad oggi sono stati ricordati così nella cattedrale caldea di Kirkuk dal vescovo, mons. Louis Sako, nel corso di un rito che ha visto portare in processione e porre sull’altare (nella foto) da familiari delle vittime le foto dei 37 uccisi.
Nella cattedrale affollata, Halla, sorella di Saad Hindi, un ingegnere di 29 anni, rapito l’11 agosto 2005 poi ucciso e gettato in strada, ha testimoniato il significato che la fede ha per la sua famiglia.
“Non importa – ha detto con le lacrime agli occhi – quello che viviamo, è importante come lo viviamo e come riuscire a trasformare questi eventi per un incontro con Dio e con gli altri, e che lo rendiamo fonte di grazia e di rinnovamento, di vita e la risurrezione, senza abbandonarsi all’assurdità della nostra brutale tragedia”.
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