ISLAM: L’ISIS METTE A NUDO IL RE SAUDITA | Ereb

L’ ascesa dello Stato islamico in Iraq e Siria è la sua dichiarazione di creare un nuovo califfato a cavallo di due Stati arabi che ha agitato lo spettro di un’enclave terrorista islamica nel cuore del Medio Oriente e vicina ai confini dei grandi alleati degli Stati Uniti: Giordania, Arabia Saudita e Israele. Secondo l’analista del quotidiano “Daily News Egypt” James M. Dorsey, se per la Giordania e Israele le minacce riguardano solo la sicurezza, per quanto riguarda l’Arabia Saudita il pericolo rappresentato dallo Stato Islamico è anzitutto ideologico. L’Is ha infatti tracciato la sua strada attingendo all’ideologia wahhabita filosofo e giurista-guerriero del XVIII secolo Mohammed ibn Abdul Wahhab corrente islamica radicale sui cui si fonda la monarchia saudita.

Il giornalista nota che “grazie alla sua avanzata militare in Siria ed Iraq, l’Is ha ottenuto il controllo di una larga parte di territorio in brevissimo tempo”. A ciò si aggiunge un altro dettaglio che lo differenzia da altri movimenti, fra tutti al Qaeda: lo Stato islamico è il primo gruppo jihadista che sia stato in grado finora di mettere mano su campi petroliferi e raffinerie. In totale l’Is gestisce sette pozzi petroliferi e due raffinerie situate in Iraq che si aggiungono alle risorse conquistate durante la campagna siriana. Il suo obiettivo è il controllo del territorio, la conquista realizzata con ogni mezzo, segnando l’unione di tattiche terroriste e strategia militare in campo aperto ottenuta grazie ad una inaspettata alleanza con le milizie sunnite legate al defunto partito Baath di Saddam Hussein. I talebani in Afghanistan avevano creato uno Stato tutto loro, ma distante dal cuore dell’ideologia estremista, soprattutto da quella araba, che pretende di essere la vera etnia ispiratrice dell’Islam.

A differenza di Al-Qaeda grande supporter dei Talebani, l’Isis usa i media come arma di terrore, con suoi programmi televisivi, siti internet, riviste, instillando in chi guarda paure ancestrali, ma anche un senso di impotenza, ma per alcuni folli anche “simpatia”. Il suo marketing delle “decapitazioni” è indubbiamente vincente. La propaganda sui media influenza e permette all’Is di nascondere le proprie, anche se limitate, sconfitte subite grazie all’intervento di Stati Uniti e guerriglieri peshmerga. Dorsey sostiene che la vera vittoria dei terroristi dell’Is è l’aver messo a nudo l’inadeguatezza del regime che finora si è fatto portavoce del wahhabismo: l’Arabia Saudita.

In questi anni il regno della dinastia Saud ha fatto di tutto per sostenere le milizie sunnite irachene contro il governo sciita di Nouri al Maliki, tuttavia l’alleanza di queste ultime con l’Is ha fatto emergere tutto il suo fallimento. Ciò ha spinto re Abdullah a tentare di ripulire l’immagine di un’Arabia Saudita sostenitrice del terrorismo prima lanciando una vigorosa critica contro i leader religiosi incapaci di fermare il fiorire dell’estremismo islamico, in seguito riconoscendo e congratulandosi con il nuovo governo di Haider Al-Abadi. La virata del re e dell’apparato della monarchia ha costretto il19 agosto il gran mufti saudita Abdul Aziz Al-Sheikh a condannare pubblicamente l’Is. Grazie alla sua virata tattica re Abdullah ha di fatto costretto Sheikh Ali Hatem al-Suleiman Al-Dulaimi, leader di una delle più potenti confederazioni tribali in Iraq da sempre vicina alla famiglia reale di Riad, a fornire il suo sostegno per un nuovo governo iracheno a condizione che soddisfi le richieste dei sunniti per un’equa condivisione del potere.

I wahhabiti dell’Is stanno mandando in confusione i loro stessi ispiratori ideologici, che sono forse i principali responsabili della sua nascita, facendo emergere una grande verità: islam radicale e modernità non possono coincidere. Gli uomini di Abu Bakr al Baghdadi hanno imparato tutto dai sauditi. Nel 1920 i Saud sconfiggono le tribù wahhabite e trasformano il movimento da un gruppo terrorista che stava imponendo con la forza un’interpretazione radicale dell’Islam in uno Stato conservatore basato su tale ideologia. L’Is vuole riuscire là dove i sauditi hanno fallito, proponendo un nuovo Stato basato sui principi del salafismo e del wahhabismo che divenga una guida per tutto il l’Islam.

 

L’analista del “Daily News Egypt” sottolinea il cambio di tattica della monarchia dei Saud, per decenni incurante delle critiche mosse dalla comunità internazionale contro le sue abominevoli violazioni dei diritti umani sicura della copertura assicurata dai grandi alleati occidentali. L’ipotesi di un’alleanza fra Stati Uniti, Siria, Iran, Turchia ed altri Paesi arabi per sconfiggere lo Stato islamico è un più che un timore per il regime di Riad che invece deve fare i conti con decenni di sostegno ideologico al jihad islamico all’estero e alle stesse pratica disumane utilizzate ora con infernale fierezza dall’Is: decapitazioni, segregazione totale della donna, pena di morte per apostati e infedeli.

Nel tentativo di contrastare le critiche e prendere distanze dallo Stato islamico, l’ambasciatore saudita in Gran Bretagna Mohammed bin Nawaf Al-Saud ha scritto sul quotidiano “The Guardian”: “Muhammad Ibn Abd al Wahhab, era un ben grande studioso e giurista del XVIII secolo. Egli ha lottato per diffondere i valori del Corano e gli insegnamenti del profeta Maometto (che la pace sia su di lui), che hanno il massimo rispetto per la vita umana, anche nel bel mezzo di jihad. Ha insegnato la tolleranza e sostenuto i diritti di uomini e donne “.

Il diplomatico ha precisato che “Il governo dell’Arabia Saudita non sostiene ideologicamente né finanzia gli assassini che si sono raccolti sotto la bandiera dello Stato islamico. La loro ideologia non quella in cui noi ci riconosciamo o nella quale si riconoscono la maggior parte dei musulmani di tutto il mondo, siano essi sunniti o sciiti”.

 

Secondo Dorsey “per poter vincere la sfida l’Arabia Saudita dovrà passare dalle parole ai fatti. Ciò comporterebbe una riforma di vasta portata, compresa la soppressione delle restrizioni nei confronti delle donne come ad esempio il divieto alla patente di guida i limiti all’accesso limitato al mercato del lavoro così come un aumento della libertà di espressione. Per l’analista finora vi sono pochi segnali che i governanti sauditi siano disposti a percorrere questa strada.

Simone Cantarini

Fonte: ISLAM: L’ISIS METTE A NUDO IL RE SAUDITA | Ereb.

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