Istanbul, resta chiuso il seminario di Halki – Vatican Insider

Crescono le pressioni internazionali sulla Paese per la riapertura dello storica

Raffaele Guerra
roma

Halki, lo storico seminario del Patriarcato Ecumenico di Costantinopoli, resterà ancora chiuso. A comunicarlo sono state alcune fonti  governative di Ankara, riprese dal quotidiano Radikal.

Secondo il governo turco, il seminario deve ritornare allo status istituzionale che aveva prima del 1971, quando fu chiuso a seguito di un provvedimento governativo che bandiva qualsiasi centro di istruzione superiore non pubblico. Il seminario, quindi, dovrebbe rinunciare al titolo e al valore legale di scuola di educazione superiore, affinché non cada nell’incostituzionalità a causa della legislazione turca sulle università e gli istituti di istruzione superiore. Non si è fatta attendere la risposta della Patriarcato Ecumenico di Costantinopoli, anche attraverso i suoi legali: il Phanar ha dichiarato che la finalità del seminario di Halki sarebbe il sacerdozio e non il prosieguo degli studi universitari.

Sulla faccenda, però, non possiamo fare a meno di ipotizzare un’influenza del rapporto sempre difficile tra Turchia e Grecia e del principio di reciprocità che le lega dal Trattato di Losanna del 1923. Nello specifico, a pesare sulla riapertura  del seminario potrebbe essere stato il recente rifiuto della Grecia di permettere alle minoranze turche presenti sul suo territorio di eleggere i loro rappresentanti religiosi in seno allo Stato. Secondo il Trattato, infatti, Grecia e Turchia devono reciprocamente rispettare le minoranze etniche dell’una e dell’altra origine e garantirne i diritti civili. La convenzione fu firmata all’indomani della cacciata della popolazione greca dal Ponto nel 1922 da parte delle armate turche di Kemal Atatürk. Certo bisogna riconoscere che la Turchia non è stata mai troppo fedele ai trattati internazionali: la cacciata dei greci dal Ponto, infatti, contravveniva al Trattato di Sevrès del 1920, mai pienamente accettato dalle autorità ottomane. La stessa Turchia, inoltre, contravvenne al Trattato di Losanna con l’invasione di Cipro del 1974.

Secondo alcuni opinionisti turchi, il rifiuto greco si scontrerebbe con l’articolo 301 della costituzione turca, che prevede delle pene per coloro che offendono l’identità della Turchia e il suo popolo. Qualora il governo introducesse una riforma per democratizzare le istituzioni, comprese quelle educative, la scelta della Grecia potrebbe pesare sulla riapertura di Halki.

Lo scorso 27 luglio, proprio durante l’iftar, la cena durante il periodo del Ramadan, il Patriarca Bartolomeo, in visita ecumenica, aveva ribadito la necessità di riaprire il seminario, davanti al mufti Rahmi Yaran. “I rappresentanti religiosi”, ha dichiarato il Patriarca, “dovrebbero essere istruiti in maniera adeguata e costituire un esempio in virtù della loro istruzione. Per noi si sta aprendo una pericolosa fase di assenza di rappresentanti religiosi qualificati; per questo vogliamo evidenziare la gravità della situazione che riguarda il seminario di Halki”. La legislazione di Ankara, inoltre, prevede che solo un cittadino turco possa diventare Patriarca di Costantinopoli. I chierici greco-ortodossi di Istanbul che oggi hanno la cittadinanza turca, però, sono tutti ex-allievi del seminario di Halki e certo non sono giovani, cosa che rende più urgente la riapertura della scuola per il Patriarca.

Nel corso degli anni, la società civile turca e la comunità internazionale hanno insistentemente chiesto la riapertura della scuola teologica ortodossa. Basti pensare che, a partire da Carter, ogni presidente degli Stati Uniti ha fatto presente la questione ai vari leader turchi. Lo stesso Barack Obama, nella conferenza stampa congiunta con Tayyip Erdogan a Seoul nel marzo 2012, si dichiarò in attesa di una decisione di Ankara per la riapertura di Halki. Lo stesso movimento di protesta che oggi brulica a Istanbul e in altre città del paese è contrario alla islamizzazione della società che Erdogan sta portando avanti e favorevole al riconoscimento dei diritti delle minoranze religiose.

Ad ogni modo, fonti governative hanno fatto sapere che il prossimo mese il parlamento passerà al vaglio un pacchetto di riforme che potrebbe prevedere una non meglio precisata nuova “formula” per Halki. Kezban Hatemi, avvocatessa e consulente legale del Patriarcato Ecumenico, ha ricordato che nel 1971 Halki fu chiuso con una lettera del Ministero dell’Istruzione e basterebbe un semplice ordine di Erdogan per farlo riaprire.

Sul rimando per la riapertura del seminario ortodosso, però, potrebbero pesare non solo le difficili relazioni con la Grecia, ma anche questioni puramente interne, in un momento di forte instabilità politica nel Mediterraneo, nel Medio Oriente e nella stessa Turchia, con un serpeggiante movimento di protesta della società civile, sebbene non minaccioso. Permettere al Patriarcato Ecumenico di riaprire il seminario per l’istruzione del suo clero potrebbe comportare il rischio di dover fronteggiare pressioni interne per allentare la stretta del monopolio di stato sull’istruzione islamica. Gruppi islamici minoritari e non moderati potrebbero premere per aprire proprie scuole basate sul Corano. È quindi probabile che per la Turchia di Erdogan la vera minaccia non sia il Patriarcato Ecumenico di Costantinopoli, che conta solo tremila fedeli in tutto il territorio nazionale, ma le minoranze all’interno della stessa galassia islamica.

Fonte: Istanbul, resta chiuso il seminario di Halki – Vatican Insider.

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