J’ACCUSE – Sbai: perché l’Italia non ferma la fabbrica dell’islamically correct?

Souad Sbai lunedì 22 ottobre 2012

L’episodio dell’egiziano che ha tentato di rapire il figlio, sottraendolo alla madre, per dargli un’educazione islamically correct, non rappresenta un caso isolato in Italia. La cronaca è, come al solito, piuttosto miope quando si tratta di condannare chi, in ragione di un atteggiamento multiculturale troppo aperto e quindi criminogeno, la fa bellamente in barba a qualsiasi norma di diritto e tenta di appropriarsi di un cittadino italiano per farlo divenire qualcos’altro. Potrei citare il caso forse più eclatante degli ultimi anni, ovvero quello di Marzia Tolomeo, la cui bimba Martina di appena due anni, è stata sequestrata dal padre, tunisino, e portata in Tunisia durante uno dei giorni in cui, per ordine del giudice, poteva vederla e stare con lei. Siamo all’alba dei tre anni da quando Martina è stata portata in Tunisia e strappata alla madre e da quando la battaglia di Marzia Tolomeo è iniziata. Interrogazioni parlamentari, sotto il presente e passato Governo, manifestazioni, denunce, annullamento della patria potestà e chi più ne ha più ne metta: da allora la causa in Tunisia è andata avanti e l’exequatur per il riconoscimento della sentenza è arrivato, ma i ritardi sono epocali e la bimba rimane ancora lì dov’è. L’interessamento fattivo del Ministro Terzi, che ha sollecitato le autorità tunisine più volte anche di persona, ha portato ad un’accelerazione dei fatti ma spezzare la catena del “non diritto” di alcuni bambini a rimanere laddove sono nati finché non decideranno autonomamente, è assai complesso.

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