Kenya, Pakistan, Nigeria, le stragi della jihad

di Anna Bono

Al Shabaab, i terroristi somali legati ad al Qaeda, hanno rivendicato l’attacco al centro commerciale “Westgate Mall” di Nairobi, Kenya, fugando ogni dubbio in chi ancora sperava che si trattasse “solo” di un folle tentativo di rapina mal riuscito: “I mujaheddin che oggi sono penetrati a Westgate hanno ucciso più di cento infedeli kenyani e la battaglia prosegue – hanno scritto su Twitter – solamente gli infedeli sono stati uccisi, tutti i musulmani sono stati scortati fuori dal centro prima che iniziasse l’attacco”.

Che spiegassero la motivazione dell’attentato era superfluo. Quando nell’ottobre del 2011 il governo del Kenya ha deciso di inviare le proprie truppe nel sud della Somalia in aiuto al governo di Mogadiscio minacciato dagli al Shabaab, questi hanno giurato di vendicarsi e da allora hanno mantenuto la promessa colpendo ripetutamente Nairobi, dove si celano con facilità nei quartieri popolati dalla numerosa comunità somala residente nella capitale, e mettendo a segno attacchi anche in altre località.

Possono contare sul sostegno e sulla complicità degli estremisti islamici kenyani, numerosi soprattutto sulla costa swahili dove alimentano un movimento secessionista e mirano a uno stato governato dalla legge coranica. Un anno fa, in seguito all’uccisione a Mombasa, in circostanze mai ben chiarite, di un imam kenyano legato ad al Qaeda e ad al Shabaab, centinaia di musulmani hanno organizzato violente manifestazioni di protesta durante le quali hanno assaltato e gravemente danneggiato quattro chiese.

Mentre domenica mattina il commando al Shabaab era ancora asserragliato nel centro commerciale di Nairobi con una trentina di ostaggi, due kamikaze con addosso non meno di otto chilogrammi di esplosivo hanno fatto strage di cristiani a Peshawar, in Pakistan, davanti a una chiesa. Si erano mescolati alla folla dei fedeli che a centinaia avevano partecipato alla messa domenicale e stavano uscendo dall’edificio inconsapevoli della minaccia. Si tratta di uno dei più gravi attacchi compiuti in Pakistan contro i cristiani, una minoranza pari all’1,5 della popolazione: i morti sono almeno 60, 120 i feriti e il bilancio delle vittime è quasi sicuramente destinato a salire poiché la maggior parte dei feriti versa in gravi condizioni. In attesa di una rivendicazione, i sospetti sono subito andati a uno dei tanti gruppi terroristici islamici del paese spesso autori di aggressioni ai cristiani e alle loro proprietà. Lo scorso marzo, per un caso di presunta blasfemia, migliaia di estremisti hanno attaccato i cristiani in un quartiere di Lahore e hanno incendiato due chiese, una dozzina di negozi e 178 case, lasciando 400 famiglie senza un tetto, ogni loro avere distrutto.

In Kenya, per numero di vittime, l’attentato al centro commerciale, con un bilancio provvisorio di 68 morti e circa 200 feriti, è secondo soltanto a quello all’ambasciata USA del 7 agosto 1998, rivendicato da Osama bin Laden, che fece 212 morti e circa 4.000 feriti.

Ma in questi giorni l’evento più tragico, benché quasi del tutto ignorato a livello internazionale, è quello verificatosi in Nigeria dove il 17 settembre Boko Haram, il movimento armato islamista che lotta dal 2008 per imporre la legge coranica in tutto il paese, ha attaccato il villaggio di Benisheikh, nello stato nordorientale di Borno, dando alle fiamme più di 100 abitazioni e uccidendo da 142 a 161 persone: una parte durante l’assalto al villaggio, gli altri a un posto di blocco eretto nelle vicinanze. Anche in questo caso, si è trattato di uno degli attentati più gravi realizzati nel paese in termini di vittime. Ma Boko Haram dal 2009 si è reso responsabile di circa 2000 morti in un crescendo di violenza dapprima concentrata nel nord a maggioranza islamica, dove il gruppo ha le sue roccaforti, e poi esteso al resto del paese, inclusa la capitale Abuja. Nel 2010, a Natale, 41 cristiani sono stati uccisi, mentre partecipavano alle funzioni religiose, e nel Natale 2011 i morti sono stati 110.

Nigeria, Kenya, Pakistan. È una drammatica coincidenza che tre stragi si siano verificate nell’arco di pochi giorni, ma potrebbe anche trattarsi di una strategia concordata: le cellule e i gruppi terroristici islamici hanno costituito reti transnazionali in grado di coordinare le azioni e di convergere su obiettivi condivisi. Certo gli autori dei tre attentati hanno in comune il rifiuto della civiltà occidentale – Boko Haram significa “l’educazione occidentale è peccato” – l’immenso odio per gli “infedeli”, indirizzato in questa fase storica soprattutto su cristiani ed ebrei, e, prima ancora, un disprezzo della persona umana tale da sacrificare chiunque, persino i bambini. In nessun caso, va sottolineato – di certo non in Pakistan, ma neanche in Kenya dove gli islamici rappresentano una minoranza – a muoverli è il fatto che si pongano dei limiti alla loro devozione. Viceversa è in loro una intolleranza estrema, l’ossessione di imporre l’islam a qualsiasi costo: se necessario, sterminando e costringendo all’esodo chi non lo condivide.

Fonte: La nuova bussola quotidiana quotidiano cattolico di opinione online – Kenya, Pakistan, Nigeria, le stragi della jihad.

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