Kulturkampf omofila: battaglia contro gli “scorretti”

di Vito Punzi

È stato il settimanale liberal “Cicero”, non altri organi “konservativ” e tradizionalisti (o come li si voglia chiamare in Germania) a usare la definizione “Kulturkampf omofila” a proposito del dibattito apertosi nel Baden-Württemberg alcuni mesi fa ed estesosi ormai al resto del Paese, relativo al progetto di riforma dell’educazione sessuale nella scuola. A partire dal 2015 la principale preoccupazione nei confronti dei bambini dovrebbe diventare inculcare loro fin dalla più tenera età l’“accettazione della pluralità sessuale”, superando dunque la “classica” distinzione maschio-femmina. Ma a Stoccarda e ovunque in Germania è sollevazione contro il governo verde-rosso (Bündnis 90/Die Grünen e socialdemocratici della SPD) guidato dal 2011 da Winfried Kretschmann, promotore della riforma. Si diceva di “Cicero”: è stato dunque Wolfgang Bok, che è anche insegnante, a lanciare la denuncia: “La sinistra politica, che volentieri si dice pacifista, trasforma rapidamente il proprio linguaggio in aggressivo per emarginare quelli che la pensano diversamente”. Un atteggiamento che si ripete in ogni contesto: “Chi dubita nel mutamento climatico” ha scritto Bok, “chi vuole limitare il fenomeno dell’immigrazione è un ‘populista di destra’, chi giudica sbagliato il sistema-Euro è un avversario dell’Europa e infine chi non vuole parificare fin negli angoli più reconditi della società gli omosessuali e le lesbiche con gli eterosessuali viene sbattuto come ‘omofobo’ tra gli anti-liberali”. In pochi credono sia stato casuale, vista la crudezza del dibattito, l’outing fatto giorni fa dall’ex calciatore Thomas Hitzlsperger, smisuratamente amplificato da gran parte dei media, primi tra tutti quelli di Stato.

“È così facile dividere il mondo tra buoni e cattivi”, ha aggiunto Bok nel suo j’accuse, “i cattivi sono oggi quelli che non hanno colto in Hitzlsperger l’eroico credo nel vero orientamento sessuale. Sono quelli che non si sono inchinati pubblicamente al ‘coraggio’ di aver rotto ‘uno degli ultimi tabù del calcio maschile’”. Non singole voci che prendono spunto dal caso Baden-Württemberg. Al contrario, si sta formando un vero e proprio movimento d’opinione concentrato, al momento, sulla sottoscrizione della petizione online “Nessuno progetto educativo 2015 sotto l’ideologia dell’arcobaleno”, promossa da un pastore evangelico insegnante di religione, Gabriel Stängle (accusato subito, ovvio, di “tendenze di estrema destra e fondamentaliste”). Ad oggi poco meno di 145.000 le adesioni in tutta la Germania (la contro-petizione non ha raggiunto ancora la metà).

Se si leggono i commenti che accompagnano l’adesione si capisce come la maggioranza degli eterosessuali non abbia particolari problemi ad accettare altri orientamenti sessuali come “normalità”, ciò che esaspera è la sottolineatura eccessiva, senza motivi specifici, del tema, accompagnata dall’accusa di essere intolleranti solo perché viene preferita l’unione eterosessuale. A dimostrazione del clima intollerante e del fatto che si tratta davvero di una “battaglia culturale” va citata la pressione che viene esercitata dalle lobbies promotrici della riforma educativa affinché alla sottoscrizione non aderiscano persone con rilevanti incarichi pubblici.

L’ultimo caso è quello di Peter Kulitz, il presidente della Camera di Commercio di Ulm, che si è visto chiedere dall’amministratore delegato della Lega delle libere Camere, Kai Boeddinghaus, il ritiro della propria sottoscrizione all’iniziativa di Stängle, poiché il suo ruolo gli imporrebbe “la responsabilità di un certo riserbo”. «Dunque, solo perché ho un incarico onorifico – ha commentato Kulitz, che ha un passato da giurista – non dovrei più partecipare a un dibattito pubblico?». Di fatto la sua firma non l’ha ritirata, dunque gli attacchi si siano moltiplicati: «Non è sufficiente che Kulitz abbia chiarito che la sua è una posizione personale che non ha nulla a che fare con la Camera di Commercio», ha sentenziato il consigliere comunale verde Michael Joukov, «deve chiedersi se la pretesa che avanza la petizione ha a che fare con il XXI secolo». Questi i toni, e sono quelli meno accesi, di un Kulturkampf che sembra essere solo alle battute iniziali.

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