La Chiesa egiziana dopo le giornate di protesta: continuiamo a pregare

«In un momento di estrema preoccupazione per l’intero popolo egiziano, continuiamo a pregare perché non vi siano nuove violenze e spargimenti di sangue e affinché si scorga una soluzione a quella che appare come una nuova rivoluzione». Questo l’auspicio di monsignor Johannes Zakaria, vescovo dei copti cattolici di Luxor, raccolto da Aiuto alla Chiesa che Soffre al termine di un fine settimana in cui le proteste anti-Morsi hanno riempito le strade e le piazze di numerose città egiziane. In Egitto per approfondire la conoscenza dell’attuale situazione, domenica scorsa il direttore di ACS nel Regno Unito, Neville Kyrke-Smith, era ospite di monsignor Kyrillos William, vescovo copto-cattolico di Assiut, lì dove oltre 50mila persone avrebbero manifestato contro il governo.

«Le proteste hanno letteralmente consumato la città – racconta Kyrke-Smith – le cui strade erano teatro di scontri durissimi». Monsignor Williams riferisce ad ACS della sparatoria avvenuta nei pressi della cattedrale cattolica di Nostra Signora della Liberazione. Alcuni uomini in motocicletta hanno aperto il fuoco contro i manifestanti uccidendo almeno tre persone. Scosso dagli avvenimenti monsignor William si è rivolto ai benefattori di ACS chiedendo loro «di pregare per il nostro tormentato Paese». Un appello a cui si è unito il vescovo di Luxor: «dobbiamo pregare per gli egiziani di ogni religione. Noi non siamo contro i musulmani e chiediamo aiuto al Signore perché tutti i nostri connazionali possano vivere e pregare in pace». Stando ai dati diffusi almeno sette milioni di persone in tutto il Paese avrebbero preso parte alle proteste anti-governative del 30 giugno. La proposta di organizzare dei cortei nel primo anniversario dell’elezione di Morsi è stata promossa dal movimento Tamarod [Ribellione] i cui rappresentanti sostengono di aver raccolto almeno 22milioni di firme a sostegno della richiesta di dimissioni del presidente.

Già prima di domenica, però, il clima era molto teso e sin da giovedì circa tre milioni di egiziani sono scesi in piazza gridando «Irhal» [vattene]. Venerdì 28 il direttore dell’ufficio britannico di ACS ha incontrato il patriarca copto cattolico Ibrahim Isaac Sidrak, il quale non ha nascosto la preoccupazione per il momento vissuto dalla sua comunità. «Dalla caduta di Mubarak almeno 200mila cristiani hanno lasciato il Paese – ha riferito – non solo per motivi economici, ma anche per paura. In molti pensano che i copti siano cittadini di seconda classe e li considerano alla stregua di stranieri». Il patriarca copto cattolico e quello copto ortodosso, Tawadros II, non hanno voluto fornire alcuna indicazione ai fedeli, lasciandoli liberi di seguire la propria coscienza. «I cristiani possono partecipare alle proteste», ha detto il portavoce della Chiesa cattolica egiziana, padre Rafic Greiche, che ha descritto a Kyrke-Smith la difficile condizione dei copti: «intrappolati tra i musulmani moderati e i fondamentalisti emersi dall’oscurità dopo la fine del regime». Il sacerdote ha denunciato anche l’incredibile aumento del numero di attacchi settari, «che ormai si verificano praticamente ogni giorno».

Fonte: La Chiesa egiziana dopo le giornate di protesta: continuiamo a pregare.

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