La cintura di castità l’hanno inventata le donne | La cuccia del Mastino

Perché per parlare di storia cattolica non occorre studiare?

Il solito uomo della strada in stato di minorità, carente di studi e libri ma sovrabbondante di programmi televisivi, dice sul sito Papalepapale: «Non si può negare che l’inquisizione abbia usato la tortura e condannato [non a caso era un tribunale anche civile, ndr], tutto sommato per reati di piccola entità, ridicoli». Sì, magari alla recita di qualche rosario: una pena (penitenza) comunissima nelle sentenze, anzi la più ricorrente.

Non entriamo nel merito, lasciamo pure perdere che la “gravità” o la “ridicolaggine” di un reato non la stabiliscono né la percepiscono i posteri, ma conta ciò che in tal modo è visto o non visto dai coevi in una determinata epoca storica . Lasciamo perdere tutto, riflettiamo su altro.

Io non capisco perché la gente che non sa nulla di Keynes non si azzarda a parlare di economia politica; la gente che non sa nulla della storia della medicina non si azzarda a dire e disdire della storia delle pandemie o, per dirla con Foucault, della “nascita della clinica”… Riconoscendosi giustamente ignorante e reputando che prima di discettare della storia di qualcosa si debba conoscerla, e perché ciò sia possibile occorre studiarla a fondo, e non tutti ci riescono o possono: studiare seriamente è difficile e duro, costa tempo, fatica, denaro. E anche una istruzione di base sufficiente. Non è da tutto, lo sappiamo.

Ma tutto questo non vale per la storia cattolica, e qualsiasi analfabeta, basandosi su antichi ricordi del sussidiario, al massimo su qualche “dossier” di Rete4, si sente autorizzato a giudicare con canoni da barzelletta 1000 anni di una storia fra le più complesse e “totali” del mondo.

Ma del resto, proprio a questo servivano le leggende nere inventate a tavolino nel ’700 da Voltaire e compagni. A rendere di massa la divulgazione dell’ignoranza.

La cintura di castità l’hanno inventata le donne

Una delle tante leggende nere caricate sul groppone dei cattolici è la faccenda della “cintura di castità”. Se, come diceva il poeta Campana, il pudore delle donne lo hanno inventato gli uomini, è altrettanto vero che la cintura di castità l’hanno inventata le stesse donne. Mi spiego meglio.

Sia chiaro, non scopro nulla di nuovo, semmai ripropongo quanto tanti avevano scoperto, a cominciare dal Messori, insieme ad altri studiosi. Che poi io ci sia giunto tramite i miei studi appassionati di storia dell’igiene, questo non può che confermare il tutto. Certe volte poi non è necessario manco ricercare “documenti”: basta la logica e qualche nozione basilare di medicina.

Le famigerate cinture di castità, dunque, che fanno ormai parte più della leggenda che non della realtà storica. E completamente fantasy è la funzione che a questo aggeggio è stata attribuita. La leggenda nera, rigorosamente settecentesca, vuole che venissero usare soprattutto dai (ma tu vedi che stravaganza!) dai “crociati”. Per rinchiuderci, dentro, le pudenda delle mogli, da quei cornuti e minchioni nati – Dio solo sa perché – quali dovevano essere, stando sempre alla “leggenda volterriana” e a certa filmografia divertente ma farsesca (vedasi “La cintura di castità” con Monica Vitti oppure il celebre “Brancaleone” di Monicelli). Questi crociati “medievali”, cavalieri e nobili d’ogni sorta, dovendosi assentare per lunghi periodi, talora anni, mettevano dunque “al sicuro” gli orifizi muliebri, intrappolati in quelle gabbie metalliche chiuse a chiave. Portandosi, chiaramente, appresso la chiave.

Così recitava una… solita mostra sui presunti “oggetti di tortura dell’Inquisizione”, fra l’altro, a suo tempo, sponsorizzata da ambienti massonici, una mostra piuttosto stravagante.

Ma su che basi e fonti osavano dir questo? La loro risposta è nel cartellino che classificava la cintura di castità (come notò Messori all’epoca, e noto ora io nelle foto di un libro) ed è una risposta disarmante: “Stranamente non si hanno fonti sulle ragioni del suo impiego”. Ma allora?

“Allora” un cazzo! Ma la ragione sta proprio nel fatto che è una calunnia storica immane, e da quando in qua le menzogne hanno fondamenti? “Stranamente”, dice. Strano è che nessuno di questi “specialisti” si sia reso conto che esiste una intera bibliografia laicissima e accademica che le ragioni vere di quell’oggetto spiega… e non sono tanto libri di storia religiosa, ma piuttosto asettici libri di storia del costume, dell’igiene, della medicina in epoca medievale, e che io per ragioni del tutto indipendenti dal mio credo, studio sistematicamente.

E allora scopri che i crociati di cinture di castità… ne sapevano meno di noi.

Scopri che non i mariti le imponevano alle donne, ma le donne stesse se ne facevano costruire e ne conservavano la chiave, tenendole sempre a portata di mano, proprio per quando avrebbero da sole dovuto percorrere lunghi tratti (in genere erano venditrici ambulanti o di mercato), attraversare boscaglie (e l’Europa all’epoca era tutta un bosco, pieno di… imboscate… ), specialmente soggiornare in alberghi e stamberghe; ma soprattutto contro le frequentissime invasioni o razzie di barbari vari ed eventuali, dei “saccomanni” che depredavano continuamente i villaggi (specie in Toscana, dove in effetti l’uso della cintura appare più frequente)… e gli uni e gli altri, appena giunti, la prima cosa che facevano era stuprare le donne del villaggio. Le donne indossavano da sé le cinture di castità, non per porre un freno a loro improbabili bollori, ma per difendere da stupri collettivi la propria virtù e quella delle figlie.

Infine, rigà usamo un po’ de logica: provate a immaginare un oggetto di ferro che in continuo, mesi ed anni addirittura, è in contatto con gli orifizi anali e vaginali delle donne, a contatto con l’umidore (non so se vi è capitato mai di avere a che fare co ‘na patonza…) tipico della vagina… “organo aperto”; calcoliamo anche il tasso di acidità di quegli umori che a lungo andare è corrosivo in contatto con oggetti metallici; sommiamo anche le questioni igieniche e le difficoltà nel mantenersi pulite intrappolate in quella gabbia; aggiungiamo la pipì, acida per sua natura, che scivola sul ferro; aggiungiamo pure gli eventuali lavaggi e dunque il contatto del metallo con l’acqua. E anche se per miracolo il ferro non fosse corroso da questo continuo contatto con umori umidi e costantemente acidi (la stessa materia fecale lo è), la donna rinchiusa in una cintura di castità morirebbe comunque entro uno o due mesi per setticemia o tetano o altre infezioni affini.

E lasciamo pure perdere la domanda “e se la moglie ingrassava nella cintura”?

Allora è o non è fantasia, anzi calunnia… quella storia di mariti “gelosi” perché “bigotti”, crociati e, va da sé, cattolici (chissà perché: solo “crociati” e solo “cattolici”) che avrebbero rinchiuso per “oscurantismo” ormonale le pudenda delle proprie mogli in gabbie di ferro?

Fonte: La cintura di castità l’hanno inventata le donne | La cuccia del Mastino.

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