La comunità internazionale di fronte ad una nuova tipologia di conflitti

Intervista a Mons. Tomasi, Osservatore Vaticano presso l’ONU (Prima parte)

H. Sergio Mora

CITTA’ DEL VATICANO, Wednesday, 23 January 2013 (Zenit.org).

Monsignor Silvano Tomasi, Osservatore permanente della Santa Sede presso le Nazioni Unite, non ha dubbi: ci troviamo dinanzi a una nuova tipologia di conflitti, che pone tanti interrogativi alla comunità internazionale, la quale si trova incapace di fornire soluzioni per evitare il massacro civile e gli esodi forzati delle popolazioni. Intervistato da ZENIT, il presule afferma, infatti, che nel contesto internazionale c’è una grande difficoltà a trovare strade adeguate per rispondere ad una situazione che crea una vera emergenza anche dal punto di vista etico.

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Eccellenza, qual è la principale preoccupazione della comunità internazionale?
Mons. Tomasi: In questo momento la comunità internazionale si sta preoccupando di tre punti caldi del globo. Il primo è la Siria, l’altro il Mali, e poi il Congo del quale si parla poco. Altri Paesi soffrono a causa di conflitti violenti, come l’Afghanistan, o si confrontano con forti tensioni interne, come l’Egitto. In tutte queste zone c’è tanta violenza da parte degli Stati e dei nuovi gruppi non-statali, e i civili vengono uccisi dalle attività militari. La complessità delle guerre moderne coinvolge nuovi protagonisti e nuove tecnologie, come i drones (velivoli senza pilota n.d.r.), e nuovi criteri di azione.

Emergono nuove problematiche quindi?
Mons. Tomasi: Sì. La domanda che nasce nel contesto internazionale è come sia possibile gestire questa nuova e triste realtà per prevenire soprattutto i danni alla popolazione civile. Un altro aspetto molto rilevante è quello della guerriglia urbana, molto diffusa dal momento che i centri abitati interessano per il controllo delle comunicazioni e per assicurare l’appoggio della gente che vive per la maggior parte nelle città. Purtroppo alla radice di tutta questa sofferenza e delle molte vittime di tali zone c’è una mancanza di rispetto del diritto umanitario internazionale da parte di tutti i belligeranti intenti solo a perseguire i propri scopi militari.

Gli obiettivi, dunque, non sono necessariamente i centri militari?
Mons. Tomasi: L’obiettivo principale è di ottenere il potere e non si guarda più ai mezzi con i quali si cerca di raggiungere tale fine. Il rifiuto dell’altro non porta certo alla convivenza pacifica. Da un punto di vista etico e di relazioni politiche tra forze pubbliche e Stati, si nota la grande difficoltà, nel contesto internazionale, a trovare vie adeguate per rispondere ad una situazione che vede sempre più violato il diritto umanitario e l’obbligo che Stati e gruppi ribelli hanno di osservarlo.

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