La lettera di don Antonio Riboldi ai cristiani perseguitati – La Stampa

Nel 2015 il vescovo emerito di Acerra rivolse queste parole ai credenti che nel mondo patiscono grandi sofferenze a causa della loro fede in Cristo

Pubblicato il 30/12/2017
Redazione
Torino

Si è spento il 10 dicembre 2017 a Stresa, all’età di 94 anni, don Antonio Riboldi, vescovo emerito di Acerra, cittadina che guidò come pastore a partire dal 1978, dopo aver esercitato il suo ministero in Sicilia, nella valle del Belice.

 

Vatican Insider lo ricorda con la lettera che nel 2015 scrisse ai cristiani che nel mondo patiscono prepotenze, tribolazioni e violenze per il solo fatto di essere cristiani. La lettera fa parte del volume, curato da Cristina Uguccioni, “Ma non vincerà la notte. Lettere ai cristiani perseguitati”, (Edizioni Terra Santa, 2015).

 

Carissimi fratelli in Cristo,

sono un vescovo emerito a cui il Signore, tra i tanti doni, ha concesso una lunga vita: 92 anni.

 

Una vita in cui – è inevitabile, vista la nostra condizione di creature – ho spesso incontrato la sofferenza dell’uomo. I volti tristi delle mogli e dei figli dei tanti migranti siciliani, miei parrocchiani, lontani dalla casa e dalla patria, e i volti affaticati e nostalgici degli stessi, che, giovane prete, andavo a incontrare in Germania, in Canada, negli USA, in Venezuela.

 

Volti spesso amareggiati per lo sfruttamento e le ingiustizie subite, per amore dei loro cari lontani.

 

Volti sconvolti per l’immane tragedia del terremoto del 1968, che in un attimo pareva aver distrutto ogni prospettiva di futuro, radendo al suolo i loro paesi, e volti frustrati per l’incredibile lentezza della ricostruzione, che ci costrinse ad oltre dieci anni di vita in baracca.

 

Da vescovo ho incontrato nelle carceri ex-brigatisti, con il volto tormentato per le scelte di violenza sbagliate, che a nulla avevano portato, salvo altro dolore; ho incontrato i volti angosciati di dissociati dalla camorra, ormai consapevoli del male commesso e delle conseguenze senza ritorno per le loro vittime. Ho visto le lacrime dei parenti delle vittime e, spesso, la pace che diffonde sul volto la capacità di perdonare.

 

Quanti volti ha la sofferenza e, spesso, la causa è nell’uomo stesso.

Pensando a voi, il cui volto un giorno potrò vedere, ma non più sofferente, mi rendo conto che davvero il dolore può avere un volto “di gloria”: sì, perché, nel vostro dramma, l’abisso del Male, che è nei vostri persecutori, incontra uno squarcio di Cielo, che è la vostra fede in Gesù.

 

Vi prego: non venga meno la vostra fede in Gesù Risorto, che è la vostra forza e la nostra speranza, perché voi siete testimoni credibili, di cui il nostro povero mondo, troppo materialista e superficiale, ha bisogno, per ritrovare la sua anima.

Siete «il chicco di grano che muore» – è vero – ma grazie a voi l’umanità può sperare di avere ancora un futuro e «portare frutti» di pace e fratellanza.

 

Se potessi, vorrei essere con voi. Prego perché uomini e donne di buona volontà possano darvi sostegno con aiuti materiali concreti e immediati, ma anche con scelte politiche durature e certe.

 

Il vostro dramma è ancora troppo poco conosciuto nel nostro mondo, ripiegato sul proprio benessere; troppo spesso sono altre le situazioni “che fanno notizia” e domina “la globalizzazione dell’indifferenza” di cui spesso parla papa Francesco.

 

Anche se organizzazioni internazionali si stanno muovendo, molto resta da fare e intanto tra voi aumenta il numero dei martiri per la fede in Gesù!

 

Con tutto l’umano senso di impotenza che provo, vi affido, con fede certa, a Colui che ci ha detto: «Non temere piccolo gregge….» e confido per voi nella Sua Grazia e nel dono dello Spirito di fortezza. Lo stesso Spirito che ha sostenuto la giovanissima cooperante Kayla Mueller, rapita dall’Isis e morta in febbraio, che scriveva ai suoi cari: «Mi sono arresa al nostro Creatore perché letteralmente non c’era nessun altro. Grazie a Dio e alle vostre preghiere sono stata teneramente cullata, mi è stata mostrata la luce nell’oscurità… Sono arrivata a vedere che c’è del buono in ogni situazione, a volte dobbiamo solo andare a cercarlo. Prego ogni giorno che anche voi, se non altro, abbiate sentito una certa vicinanza e vi siate arresi a Dio».

 

Sì, stiamo uniti nella preghiera e nella comunione dei santi. Chiedo per voi che possiate ogni istante sentire la presenza di Dio che vi sostiene nella prova e ha cura di voi.

 

Non venga meno la vostra fede, vi prego, e Gesù, il Risorto, il Vivente, sia sempre con voi, come solo Lui sa, può e vuole esservi accanto.

Vi benedico da padre e vi abbraccio da fratello.

Sorgente: La lettera di don Antonio Riboldi ai cristiani perseguitati – La Stampa

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