La lobby gay e la strumentalizzazione del dolore ~ CampariedeMaistre

di Valentina Ragaglia

Un quindicenne romano, il 21 novembre, ha deciso di togliersi la vita, strozzandosi con una sciarpa davanti gli occhi del fratellino più piccolo. Immediatamente il tam tam mediatico ha sparso la notizia che la morte di questo giovane fosse legata ad alcune vessazioni subite a scuola da compagni di classe e docenti per via della sua omosessualità.
Immaginabili sono i commenti apparsi su social network e blog che appoggiano le campagne gay. Omofobia è sicuramente la parola che si legge più frequentemente, con chiare allusioni ad una società ingiusta, razzista, vigliacca e ignorante. Sono apparse in più piattaforme immagini rosa per ricordare il ragazzo, affidandosi al suo colore preferito in segno di ricordo e protesta. La scuola è stata assalita da membri appartenenti ad associazioni gay e la stessa Paola Concia vi si è recata per parlare con studenti ed insegnanti. Una fiaccolata, più per la promozione dei “diritti” dei gay che per l’adolescente, ha girato per le strade di Roma.

Il problema che sta impegnando i media sembra però allontanarsi drasticamente dalla realtà. Infatti, aprendo i quotidiani e ascoltando i telegiornali, il ritornello che si ripete con frequenza assillante è la mancanza di una tutela reale per chi è vittima di omofobia. Persino un vecchio ed accanito militante del PCI, come il nostro presidente della Repubblica, sembra fingere che cinquant’anni fa non fosse tra quelli che appoggiavano le linee guida di Mosca – che, in mezzo ai tanti, perseguitava anche gli omosessuali – e propone la democratica, patetica, ideologica e demagogica soluzione della “non discriminazione”.

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