La lotta dei cristiani perseguitati è anche la nostra – Aleteia

Dio porta luce e speranza a chi è nelle tenebre

Siamo nel periodo di Natale. Tutti i cuori umani dovrebbero essere contenti per la buona novella dell’allegria rivelata ai pastori duemila anni fa, ma ci sono cuori particolarmente bisognosi di speranza e di gioia: per i cristiani perseguitati in tutto il mondo, il 2014 è stato un anno molto difficile.

Non è una cosa nuova, perché i seguaci di Cristo sono stati perseguitati fin dai tempi degli apostoli. Qui in Occidente, però, tendiamo a dimenticare che il martirio cristiano non è solo (né principalmente) un fenomeno del passato. I cristiani vengono torturati e uccisi a causa della fede anche oggi, tutti i giorni, dai Paesi africani come la Somalia, l’Eritrea e il Sudan a quelli del sud-est asiatico e dell’Estremo Oriente, come la Cina, parti dell’India, dell’Indonesia e del Vietnam, senza dimenticare le isole Maldive, dove il culto cristiano, inclusi matrimoni e funerali, è proibito. I cristiani hanno paura di parlare della fede perfino dentro casa. Nella dittatura laica brutalmente repressiva della Corea del Nord, decine di migliaia di cristiani sono detenuti in campi di lavoro per “crimini” come avere una Bibbia o andare in chiesa. I sopravvissuti raccontano che i prigionieri sono torturati e così malnutriti che circa la metà muore di fame.

Terribile è stato anche il trattamento riservato ai cristiani iracheni. Centinaia di migliaia di loro sono fuggiti dall’orrore dello Stato Islamico (SI) e dei suoi militanti, disposti a “ripulire” l’Iraq dal cristianesimo. Nell’arco di settimane, la millenaria popolazione cristiana dell’Iraq è stata decimata, e le sue prospettive di ritorno non sono rosee. Molte chiese e molti luoghi di pellegrinaggio con secoli di storia sono stati distrutti dallo SI. Tra i cristiani martirizzati dai fanatici di questo gruppo terroristico ci sono anche molti bambini.

Queste storie ci danno un paralizzante senso di impotenza. I cristiani perseguitati sono sparsi in tutto il pianeta, e le loro condizioni sociali e politiche sono ampiamente diversificate. Cosa possiamo fare? Non c’è una soluzione facile per le circostanze politiche che rendono la vita tanto insopportabile e la morte violenta una minaccia così costante per molti cristiani del mondo.

Anche così, ci sono organizzazioni che compiono sforzi eroici per aiutare i cristiani perseguitati. In alcuni casi, la pressione politica ottiene dei risultati. La Corea del Nord può non rispondere al Dipartimento di Stato nordamericano, ma l’India risponde. Anche tenersi informati aiuta, perché permette di capire quando la pressione occidentale riesce a fare la differenza.

La nostra impotenza nell’aiutare chi soffre di più continua comunque a farsi sentire, soprattutto a Natale, quando ricordiamo la luce e la speranza che Dio ha portato a quanti vivevano nelle tenebre e pensiamo ai cristiani ancora perseguitati e assassinati, molti dei quali danno la vita volontariamente come testimoni di Cristo. Dobbiamo sentirci onorati per il coraggio dei nostri fratelli ed esercitare almeno il privilegio di pregare per quelle comunità cristiane che soffrono prove tanto dure.

La loro lotta è anche la nostra. È facile sentirci estranei al problema della persecuzione religiosa all’estero, ma non dobbiamo perdere di vista la vera dimensione spirituale e religiosa di questi conflitti. I cristiani non sono gli unici perseguitati; anche gli ebrei, ad esempio, hanno affrontato per secoli grandi persecuzioni. Non è comunque per caso che il cristianesimo è nel mirino dei tiranni e degli oppressori. I cristiani sono odiati per ragioni che sono fondamentali nella loro fede: la volontà di evangelizzare, il rifiuto di rinnegare Cristo anche di fronte alle pressioni estreme, l’insistenza sulla dignità intrinseca della vita umana, anche nelle sue forme apparentemente più insignificanti. Gli estremisti islamici non apprezzano questo tipo di resistenza, né lo fanno i despoti laici.

Se in Occidente dobbiamo lottare per mantenere la fede in una cultura laica ostile, i cristiani perseguitati in questi altri luoghi devono compiere sacrifici molto maggiori. Sono anime che comprendono nella pratica cosa significhi “abbracciare la croce” di fronte a un’opposizione brutale. Quando le circostanze non ci lasciano offrire loro il necessario sollievo temporale, possiamo ancora riconoscere e diffondere almeno la loro lotta e la loro sofferenza. Sappiamo per esperienza quanto il nostro mondo sia chiuso al messaggio dell’angelo della pace e dell’amore. Soprattutto a Natale, quindi, dobbiamo ricordare coloro che rinunciano alle proprie case e perfino alla propria vita per mantenersi fedeli alla Verità.

[Traduzione dal portoghese a cura di Roberta Sciamplicotti]

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