La «neutralità» dello Stato e il modello unico del secolarismo | Mondo | www.avvenire.it

Quando lo Stato detta norme che, nel nome della laicità, escludono del tutto opzioni di valore, identità culturali, riferimenti etici e religiosi ancorati a una visione dell’uomo non asettica, rischia di trasformarsi nel suo opposto, acquisendo le caratteristiche di un’entità culturalmente intollerante, paradossalmente nel nome della tolleranza. Esclude anziché integrare. Emargina invece di accogliere. Dimentica piuttosto che imparare. Un’ossessione per l’asetticità etica che nell’attuale, critica fase delle democrazie evolute finisce per tagliar fuori programmaticamente le risorse dalle quali società e Paesi potrebbero trarre ossigeno, idee, speranze. Religione in testa. È il senso della riflessione che il cardinale Angelo Scola ha proposto giovedì sera nella basilica milanese di Sant’Ambrogio, aprendo l’Anno Costantiniano che la diocesi dedica in chiave non solo storica all’Editto di Milano del 313, dal quale data la libertà religiosa di tutto l’Occidente. Alcuni esiti pratici dello Stato laico divenuto di fatto “laicista” trovano, nell’analisi di Scola, il loro «presupposto teorico» nel «modello francese di laicité» che «si basa sull’idea dell’in-differenza definita come “neutralità”, delle istituzioni statuali rispetto al fenomeno religioso». Ma questa idea di «giusta e necessaria aconfessionalità dello Stato ha finito per dissimulare, sotto l’idea di “neutralità”, il sostegno dello Stato a una visione del mondo che poggia sull’idea secolare e senza Dio».

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