La «nuova inquisizione»

Quando i nuovi maestri del pensiero dettano legge ovunque.

Non si sono ancora spenti gli echi dell’articolo di Galli della Loggia «L’INTOLLERANZA VERSO LA RELIGIONE» che un nuovo ed eclatante caso scoppia in Italia. Lo abbiamo subito segnalato su CulturaCattolica.it per la gravità: ora non solo si vuole che le concezioni religiose cattoliche non abbiano diritto di cittadinanza a livello della società civile, ma addirittura la Chiesa stessa, nelle sue strutture educative, dovrebbe adeguarsi ai diktat del pensiero dominante.
Così una catechista che comunica il pensiero della Chiesa sulla vita, gli affetti, la famiglia, la sessualità, se viene interrogata dai ragazzi sul tema scottante della omosessualità non può che dire quello che il politically correct le consente, pena la gogna mediatica. E, notate, senza neanche il diritto di essere ascoltata: condannata a prescindere.

Così l’intolleranza cresce, e i nuovi «inquisitori» spadroneggiano.
N.B.: dovete sapere che l’inquisizione è abominevole solo se esercitata dalla Chiesa. Altrimenti è un sacrosanto diritto degli intellettuali di turno.

Ho scritto ad Avvenire e a Repubblica quello che penso del fatto. Riporto in calce le mie osservazioni, per consentire a tutti, anche a coloro che non sono lettori di queste «prestigiose» testate, di farsi una opinione.

IlGiornale.it ha avuto il buon gusto di sentire la voce della diretta interessata.

Lettera al Direttore di Repubblica Lettera al Direttore di Avvenire
Egregio direttore di Repubblica,
ho letto l’articolo “L’omosessualità è una malattia. Bufera sulla catechista di Segrate”.
Ho da osservare (e lo dico sia per la conoscenza della catechista – sono stato sacerdote per 13 anni in quella Parrocchia –, sia per l’impegno di pubblicista che svolgo) che non condivido affatto lo stile e i contenuti dell’articolo.
Prima di tutto perché ho imparato che, per dare le notizie, è buona norma sentire anche gli interessati, quando sia possibile: la signora in questione non è stata neanche contattata ed ha saputo da me, la domenica mattina, della esistenza dell’articolo che la riguardava. Se il giornalista avesse fatto come ho fatto io, e avesse quindi contattato la signora, avrebbe scoperto non solo che si trattava di un momento di confronto tra i giovani in cui venivano affrontati argomenti interessanti per la vita e la concezione della famiglia e dei rapporti affettivi e sessuali che i giovani stessi stavano ponendo, ma avrebbe anche evitato di dire cose inesatte riguardo alla riunione stessa.
Ho anche ben chiaro che la Chiesa ha tutto il diritto di insegnare quello che fa parte del suo patrimonio a chi si rivolge a lei liberamente per conoscere la dottrina cristiana. O volete voi instaurare quella INQUISIZIONE che è ritenuta odiosa soltanto quando viene esercitata dalla Chiesa, mentre voi ne potete essere gli autentici ed illuminati esecutori?
Infine, tra le tante osservazioni, che disgusto nel vedere considerare i giovani, come nella peggiore Cambogia di Pol-Pot, quali delatori nei confronti degli insegnanti o dei catechisti, quando non degli stessi genitori.
Credo che il vostro articolista abbia perso l’occasione di dare una informazione, seppur critica, capace di rendere ragione di quanto accaduto. Forse una telefonata in più (che avrebbe portato via del tempo) o una sbirciatina in meno alle pagine di Facebook avrebbe consentito al giornalista di fare un buon servizio e a Repubblica di evitare una brutta figura.
Sarebbe forse meglio rettificare la notizia e scusarsi colla persona interessata.
In fede
Don Gabriele Mangiarotti
Egregio Direttore di Avvenire,
mi rivolgo a lei, confidando nella serietà professionale che contraddistingue Avvenire, il quotidiano di noi cattolici. Sono rimasto sconcertato dopo avere letto una notizia riguardante una catechista della parrocchia di Segrate San Felice. È stata accusata di avere definito la omosessualità come una malattia. E di avere fatto questo di fronte ai ragazzi del catechismo (che frequentano la terza media).
Naturalmente l’articolista NON ha intervistato la persona, NON ha sentito il parroco del quartiere, si è rifatto a citare una pagina di Facebook.
Ora mi chiedo, al di là della polemica sulla scarsa professionalità del giornalista: ma alla stampa laicista è stato dato il compito di essere la NUOVA INQUISIZIONE? La quale, a differenza del passato, non si preoccupa affatto di ascoltare l’imputato?
E i ragazzi devono essere, invece che giovani in un cammino educativo, le nuove spie, i nuovi delatori rispetto a genitori ed insegnanti? A dire il vero mi risulta che il comunismo, con i suoi metodi bestiali, sia ormai relitto del passato! A meno di pensare che alberghi ancora nelle redazioni di certi quotidiani.
Conosco la catechista in questione (sono stato per 13 anni coadiutore in quella parrocchia) e so con quanta passione lei si accosti ai ragazzi per educarli alla “vita buona del Vangelo”. E mi sorprende che la notizia dell’articolo che la riguardava l’abbia avuta per primo da me, che oramai vivo a S. Marino da tanti anni.
Possiamo sperare che non ritornino quei tempi del totalitarismo che pretende di legiferare anche all’interno della chiesa? Non amiamo la libertà del pensiero e la difendiamo da sempre. Per questo non possiamo accettare che qualcuno ci impedisca di testimoniare l’insegnamento cristiano.
Ricordiamo quanto il nostro Papa Francesco ha detto a proposito della persecuzione: «La persecuzione è un evento ecclesiale della fedeltà; a volte è frontale e diretta; altre volte occorre saperla riconoscere quando è ammantata da quell’apparenza pseudoculturale con cui ama presentarsi in ogni epoca, nascosta dietro la laica “razionalità” di un sedicente “senso comune” delle cosiddette persone normali e civili. Le forme sono molte e differenti, però ciò che sempre scatena la persecuzione è la follia del Vangelo, lo scandalo della Croce di Cristo, il fermento delle Beatitudini. Inoltre, come nel caso di Gesù, di Stefano e di questa grande “nube di testimoni”, i metodi furono e sono gli stessi: la disinformazione, la diffamazione, la calunnia, per convincere, far avanzare e – come ogni opera del Demonio – far sì che la persecuzione cresca, contagi e si giustifichi fino al punto di sembrare ragionevole.»
Direttore, mi affido ad Avvenire perché non si chiudano gli spazi per la libertà dell’uomo. Sono, secondo l’insegnamento della Chiesa, favorevole ad una laicità senza compromessi, e come non accetto uno Stato confessionale, così non voglio intromissioni laiciste nell’insegnamento della Chiesa.
Grazie per l’attenzione
Don Gabriele Mangiarotti

Fonte: La «nuova inquisizione».

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