La ragione cristiana ha demolito l’astrologia e la superstizione | UCCR

di Francesco Agnoli*
*scrittore e saggista

Il 2009 è stato l’anno dell’astronomia, in cui si ricordano i grandi nomi e le grandi scoperte in questo campo della scienza. L’astronomia è sempre stata uno degli interessi principali dell’uomo, anche se nell’antichità si confondeva spesso con l’astrologia, perché non era tanto una scienza, quanto un’insieme di osservazioni empiriche, anche notevoli ed importanti, ma per lo più unite a considerazioni magiche, superstiziose, fataliste.

Tutti i popoli della terra hanno sollevato gli occhi al cielo, per un innato senso religioso. Hanno tutti chiesto alla luna, come il pastore di Leopardi: “Che fai tu luna in ciel, dimmi che fai silenziosa luna?”, cercando di ottenere da lei una risposta anche sul destino umano. Basti pensare che tutte le cantiche di Dante finiscono con la parola stelle, o che il termine “desiderio”, deriva dal latino, sidera, che significa, appunto, stelle.

Così gli antichi babilonesi e molti altri popoli avevano degli osservatori sopraelevati e cercavano di leggere nel cielo il Destino dell’uomo, redigendo oroscopi. Gli astri e i pianeti erano per gli antichi, e per molti intellettuali e non, del Cinquecento e del Seicento (si pensi a Tommaso Campanella), delle “divinità” capaci di influenzare l’uomo, la sua salute, le sue scelte morali. Platone, un grande filosofo greco del V secolo avanti Cristo, nel suo Timeo definisce le stelle “dei visibili”, e ritiene, come i suoi contemporanei, che sia composto di una quinta essenza, l’etere, che esiste appunto solo nel cielo. Gli astri, per lui, per gli aristotelici e per il cosiddetto sistema aristotelico tolemaico, sono lisci, perfetti, cristallini, si muovono di moto circolare, e cioè perfetto, perché sono, appunto, divini.

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