La religiosità popolare ottimo antidoto alla secolarizzaione

Per anni si è guardato alla religiosità popola con un certo senso di distacco. Almeno da parte di alcune fascie di intellettuali anche cattolici. Ma oggi in molti vedono che proprio la pietà popolare resta fortemente presente nella società nonostante la secolarizzazione. Di questo si è parlato nel convegno che a Padova, ha radunato nella città di sant’Antonio studiosi e ricercatori provenienti dall’Italia e dall’estero. Il tema: «La religione popolare nella società post – secolare. Nuovi approcci teorici e nuovi campi di ricerca». L’incontro di studio, ospitato presso lo Studio Teologico della Basilica del Santo, è stato promosso da Università di Padova, Associazione italiana di Sociologia della religione (Ais), «Messaggero di sant’Antonio» e Osservatorio Socio-Religioso Triveneto.

Le domande di partenza sono: che cosa può ridare oggi nuovo fascino, valore e significato a un santo, a una basilica, a una festa, a un sacro monte e altro? Interessante la lettura sociologica dei professor Carlo Prandi, della fondazione “Bruno Kessler” di Trento. La modernità che, se sta all’origine della crisi del sacro, ha peraltro prodotto nuove esperienze religiose (dove il riferimento alla trascendenza è assai variegato e complesso, se non talora assente) che si sono espresse in una miriade di movimenti. “La Religione popolare – ha aggiunto – sembra aver risposto all’urto di questa ondata neo-religiosa non estinguendosi, come prevedevano le teorie della secolarizzazione, bensì adattandosi in modi diversi alla perdita del proprio monopolio”.

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