La Repubblica Ceca restituisce le terre alla Chiesa. O forse no

È il paese più secolarizzato al mondo, l’unico in Europa a non avere ancora un concordato con Roma. Eppure il governo pensava di ridare alla Chiesa i terreni espropriati negli anni del regime comunista, ma la sua caduta improvvisa martedì scorso rimette tutto in discussione. Don Stefano Pasquero, prete missionario a Praga: «Qui ci si è dimenticati della proposta educativa del cattolicesimo».

«La Repubblica Ceca è il paese più secolarizzato del mondo. Ma non significa che le persone non abbiano, nei loro cuori, delle domande grandi, alle quali non sono indifferenti». Don Stefano Pasquero, con altri due preti della Fraternità missionaria San Carlo, vive tra la gente di Praga da ormai 10 anni. Un popolo che, secondo le cifre fornite dall’agenzia di sondaggi Stem, crede più ai cavalieri Jedi che a Maometto e Buddha messi insieme. E che, per il 69 per cento, si dichiara contrario alle manovre approvate dall’ormai ex governo del primo ministro Petr Necas, caduto due giorni fa. I decreti prevedono la restituzione del 56 per cento delle terre della Chiesa Cattolica ceca nazionalizzate all’avvento del comunismo, nel 1948. I terreni, che verranno riconsegnati con le diverse proporzioni a tutte le confessioni religiose, hanno un valore complessivo di circa 134 miliardi di corone ceche – circa 5,5 miliardi di euro. Il governo ha poi accettato di restituire alla Chiesa 59 miliardi di corone nei prossimi trent’anni per quei territori che, essendo in mano a terzi, non potranno essere riconsegnati.

Questa decisione ha suscitato molte critiche sia dalla popolazione che dall’opposizione. Quest’ultima, infatti, vorrebbe rispettare i piani di austerità che prevedono un taglio del budget di circa 24 miliardi di corone. Il sentimento comune vede con astio le grandi transazioni di terreni dopo il 1989, spesso soggette a clientele e mazzette. Inoltre, solo un decimo dei 10 milioni di residenti nella regione si dichiara credente in qualcosa, e di essi meno del 30 per cento sono battezzati. Le ragioni dell’ex primo ministro Petr Necas non convincono l’opinione pubblica. Attraverso la Czech News Agency, l’ormai caduto governo offriva alla Chiesa Cattolica i suoi terreni perché conscio che, in sede di battaglia legale, avrebbe perso qualunque possibilità di rivendicazione, e non voleva sperperare i suoi pochi introiti in queste inutili spese. «La Chiesa ha impiegato vent’anni perché le fossero restituiti i beni. E c’è da sperare che la cosa vada avanti, ora che il governo è caduto. Ma ci sono dei problemi. I conventi son diventati ministeri, le chiese banche. Si è costruito in alcuni territori – ci rivela Don Stefano Pasquero –. Perciò, si ridaranno boschi e campi appartenenti al demanio dello Stato ma non della Chiesa».

«Qui a Praga la situazione è critica. Nel Sud-Est, a Brno, vi sono più credenti. Ma le radici della “disumanizzazione” del popolo sono molto profonde. E risalgono a ben prima del ‘48». Don Pasquero conosce bene la storia del suo luogo di missione: « Nel Quattrocento, a Praga, è vissuto un prete cattolico di nome Jan Hus, che denunciava con ardore un certo stile di vita della Chiesa dell’epoca. Ed è stato condannato e bruciato sul rogo a Costanza. Giovanni Paolo II nel 2000 inserì anche lui nelle richieste di perdono per gli sbagli storici della Chiesa. Il problema sono stati i suoi seguaci, che hanno fondato una chiesa nazionale parallela, la chiesa Ursita. Solo dopo è arrivato Lutero». Poi, il cattolicesimo è stato il credo dei «soverchiatori austro-ungarici, che hanno schiacciato la Boemia dopo la guerra dei Trent’anni. Tant’è che non appena Tomas Masaryk, nel 1918, fondò la prima Repubblica Cecoslovacca, la definì “atea, non laica”. Un altro suo motto famoso era: “Via da Vienna, via da Roma”. Così è stato, e così è a tutt’oggi».

Anche politicamente la situazione non è tra le più tranquille. «La Repubblica Ceca è uno dei pochi paesi in Europa a non avere un concordato con la Chiesa Cattolica. Nel settembre 2009 il presidente Vàclav Klaus, interrogato nel merito da Benedetto XVI, rispose: «Il Concordato è un accordo che deve servire alle due parti in causa. E a noi non serve». Inoltre, il nuovo governo di centrodestra sarà un reimpasto del precedente, che non è stato direttamente eletto ma si è stabilito su un ennesimo reimpasto. I partiti tradizionali – quello cattolico, quello socialdemocratico e quello della destra liberale – hanno lasciato spazio a una fragile alleanza di una miriade di piccoli gruppi formalmente di destra. La stessa Chiesa ceca non sa come muoversi. «Siamo divisi. – dice Don Pasquero – Durante il comunismo, la Chiesa ha avuto una storia gloriosa di martiri della fede. Ma, parallelamente, il Ministero degli affari religiosi aveva creato “Pacem in terris”, un movimento controllato dal regime. Qui, gli ecclesiastici potevano praticare il loro magistero senza essere perseguiti, chiaramente sotto il pressante controllo della macchina sovietica. Solo alla caduta del muro di Berlino, Giovanni Paolo II volle che le due chiese si riconciliassero».

Fonte: Tempi.

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