La testimonianza «Il mio Mali ostaggio della guerra» – MissiOnLine.org

di Anna Pozzi

Padre Alberto Rovelli, missionario dei Padri Bianchi, ha vissuto vent’anni tra Gao e Kidal: «Vittime della violenza islamista. Ma con l’intervento francese ora la gente ha ancora più paura. Paghiamo un silenzio troppo lungo»

«La gente ha molta paura. E non da oggi. L’intervento militare francese non fa che crescere la preoccupazione della popolazione del posto. Difficile vedere vie d’uscita». Padre Alberto Rovelli, missionario dei Padri Bianchi, è quanto meno perplesso di fronte all’intervento militare francese nel Nord del Mali.

Dal 12 gennaio i caccia Rafale dell’aviazione d’Oltralpe stanno bombardando le postazioni dei ribelli jhadisti nelle città di Gao e Kidal. Un intervento controverso, anche se i francesi hanno l’avvallo del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite, il supporto logistico degli Stati Uniti, quello “politico” dell’Unione Africana. La quale, tuttavia, per l’ennesima volta non ha saputo o voluto intervenire direttamente. Forniranno invece truppe alcuni Stati dell’Africa Occidentale: Nigeria (600 militari), Niger, Togo, Burkina Faso e Senegal (500) e Benin (300). La Comunità economica dei Paesi di questa regione (Cedeao) terrà un vertice ad Abidjan il prossimo 19 gennaio, per definire i dettagli dell’intervento africano nella Missione internazionale di sostegno al Mali (Misma), autorizzata da una risoluzione Onu dello scorso 20 dicembre.

Da circa un anno, gruppi tuareg prima e terroristi islamici poi – appartenenti alla formazione Ansar el Din e al Movimento per l’unità e il jihad in Africa occidentale (Mujao) – occupano circa un terzo del Paese, accanendosi non solo contro la presenza cristiana – ormai di fatto annullata – ma anche contro gli stessi musulmani maliani, uccidendo, flagellando, violentando le donne, torturando la gente.

«Da Gao – conferma padre Alberto – mi chiamano ogni tanto alcuni conoscenti. La gente si lamenta degli occupanti, che bastonano le persone, tagliano le mani… Il guardiano della missione mi ha chiamato per dire che la casa dei padri era stata saccheggiata, ma che lui, in quanto musulmano, era stato risparmiato. La chiesa è stata distrutta, tutti i cristiani fuggiti. La nostra scuola, che aveva 1.500 studenti, è diventata il quartiere generale degli jihadisti».

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