Laicità & bioetica, in gioco il futuro dell’uomo

di Assuntina Morresi

bioetica5_2.jpgNel poderoso discorso del cardinale Angelo Scola in apertura dell’Anno costantiniano, il 6 dicembre, alcuni passaggi meritano una riflessione particolare. Ancora fino a qualche decennio fa – dice il cardinale – si faceva riferimento sostanziale ed esplicito a strutture antropologiche generalmente riconosciute, almeno in senso lato, come dimensioni costitutive dell’ esperienza religiosa: la nascita, il matrimonio, la generazione, l’educazione, la morte. Che cosa è accaduto quando questo riferimento, identificato nella sua origine religiosa, è stato messo in questione e ritenuto inutilizzabile? Si sono andate assolutizzando in politica delle procedure decisionali che tendono ad autogiustificarsi in maniera incondizionata. Ne è conferma il fatto che il classico problema del giudizio morale sulle leggi si è andato sempre più trasformando in un problema di libertà religiosa». Il brano, se ben compreso, spiega bene il motivo dell’insistenza di tante esortazioni della Chiesa a guardare ai valori non negoziabili come priorità per i cattolici.

L’uso della parola “valori” si presta spesso a una lettura riduttiva: come se nell’elenco immutabile dei valori cristiani – vita, famiglia, solidarietà, pace, giustizia sociale, giusta mercede agli operai, e via dicendo – il problema sia classificarli in modo opportuno, cambiando l’ordine di importanza a seconda delle condizioni storiche. Ma Scola ci spiega che le cose non stanno così. In poche righe riassume quella che negli anni è stata indicata come “questione antropologica“. Potremmo dire che fino a poco tempo fa le organizzazioni sociali e le politiche degli Stati democratici facevano riferimento a una visione dell’uomo e delle sue relazioni fondanti che è la stessa dell’esperienza cristiana: il matrimonio è quello fra un uomo e una donna, e questo definisce la famiglia, all’interno della quale è bene che nascano i figli; la morte è un evento naturale inevitabile che non è nelle nostre mani e che i medici devono combattere, fino a che è possibile e ragionevole farlo, per esempio. Ma a un certo punto tutto questo è cambiato. Potendo mettere una sorta di spartiacque del “prima” e “dopo” per l’inizio della questione antropologica, indicheremmo il 25 luglio 1978, data di nascita di Louise Brown, la prima bambina concepita in provetta.

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