L’altra faccia dell’aborto: BIOpsicoPOLITICA « Libertà e Persona

di Benedetta Foà

Introduzione

Il termine “biopolitica” (composto da bìos, vita e da polis, città) indica un concetto usato per la prima volta da Georges Bataille all’inizio del Novecento, ma che è divenuto centrale nel dibattito filosofico in seguito all’uso che ne ha fatto Michel Foucault a partire da metà anni settanta. Per Foucault la biopolitica è il terreno in cui agiscono le pratiche con le quali la rete di poteri gestisce le discipline del corpo e le regolazioni delle popolazioni. È un’area di incontro tra potere e sfera della vita. Il biopotere, si è sviluppato nei secoli XVII e XVIII in due direzioni principali e complementari: la gestione del corpo umano nella società dell’economia e finanza capitalista, la sua utilitizzazione e il suo controllo; la gestione del corpo umano come specie. Il controllo delle condizioni della vita umana diventa un affare politico.
Si  rovescia la vecchia simbologia del potere, legato al sangue e al diritto di morte, in una nuova, in cui il potere garantisce la vita. In questo modo il potere, più di prima, ha accesso al corpo. Conseguenza dell’irruzione del biopotere è che la legge concede spazio alla norma: la struttura rigida della legge permette di minacciare la morte, ma  la norma è più adatta a codificare la vita. Per questo il Liberalismo è il quadro politico che fa da sfondo alla biopolitica (wilkipedia). Il termine biopolitica, risale appunto all’rielaborazione di Foucault (2005): «termine con il quale intendo fare riferimento al modo con cui si è cercato, dal XVIII secolo, di razionalizzare i problemi posti alla pratica governamentale dai fenomeni specifici di un insieme di esseri viventi costituiti in popolazione: salute, igiene, natalità, longevità, razze…» Per essere più precisi, la biopolitica è parte del biopotere che, legato a doppio filo al capitalismo e al suo pensiero, si articola appunto in bio-politica e anatomo-politica. Nel primo caso, si presenta come dispiegamento di pratiche governamentali, di controlli regolatori sulla popolazione, sul corpo-specie: si occupa della nascita e della morte, del sesso, della salute e della malattia, dell’alimentazione e delle condizioni igieniche della “popolazione”; problema economico e politico, questo, apparso nel XVIII secolo, e non prima. Nel secondo caso, si disciplinano i corpi-macchina dei singoli, le loro attitudini, le loro forze, producendo effetti individualizzati attraverso istituzioni quali le prigioni, le scuole, i collegi, le caserme (Tursi 2007). Il termine biopsicopolitica, da me coniato, vuole sottolineare come questo connubio tra la biopolitica e l’anatomopolitica porti ad una politica che manipola la biologia e il concetto di vita stesso, attraverso la psiche. La
psiche e la psicologia sono potentissimi mezzi ma possono rivelarsi armi a doppio taglio: sia per il bene che per il male. Come psicologa sono in grado di capire come la mente “mente”, cioè, l’Uomo è in grado di mentire a se stesso e agli altri, è in grado di manipolare e/o di farsi manipolare.

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