L’Arabia il luogo migliore per i rifugiati :: Daniel Pipes

di Daniel Pipes
L’Opinione delle Libertà
28 settembre 2013

 

Pezzo in lingua originale inglese: Let Refugees Remain in Their Own Culture Zones

 

La tregua nella crisi delle armi chimiche offre l’opportunità di spostare l’attenzione sull’enorme flusso di profughi che abbandona la Siria e di riflettere su alcune ipotesi incaute riguardo al loro futuro.

 

Circa un decimo dei 22 milioni di abitanti della Siria è fuggito attraversando un confine internazionale, soprattutto in Paesi vicini come il Libano, la Giordania e la Turchia. Incapaci di far fronte a ciò, i governi di questi Stati confinanti stanno limitando l’ingresso, destando forti preoccupazioni internazionali in merito alla difficile situazione dei siriani. L’Alto Commissario delle Nazioni Unite per i Rifugiati, António Guterres, chiosa che la sua agenzia (secondo le parole del Guardian) “spera di far stabilire decine di migliaia di profughi siriani nei paesi che possono permettersi di ospitarli”, riportando alla mente il programma di re-insediamento dei rifugiati iracheni avviato dopo il 2003, quando 100.000 iracheni si stabilirono nei Paesi occidentali. Anche altri guardano istintivamente all’Occidente per una soluzione: ad esempio, la Conferenza episcopale degli Stati Uniti ha chiesto ai Paesi occidentali di “fare di più” per i rifugiati siriani.

 

Profughi siriani all’aeroporto di Beirut, in partenza per la Germania.

 

L’appello è stato ascoltato: il Canada si è offerto di ospitare 1.300 profughi siriani e gli Stati Uniti 2.000. L’Italia ha accolto 4.600 rifugiati sbarcati sulle sue coste. La Germania ha offerto di riceverne (e ha iniziato a farlo) 5.000. La Svezia ha dato asilo a 15.000 siriani già presenti nel Paese. I gruppi locali si stanno preparando a un sostanziale afflusso in tutto l’Occidentale.

 

Ma queste cifre impallidiscono in confronto a una popolazione di milioni e milioni di persone, il che significa che l’Occidente non può risolvere da solo il problema dei rifugiati siriani. Inoltre, molti nei Paesi occidentali (soprattutto quelli europei come i Paesi Bassi e la Svizzera) si sono stancati di accogliere musulmani che non si integrano ma che invece cercano di rimpiazzare i costumi occidentali con la Sharia, la legge islamica. Il cancelliere tedesco Angela Merkel e il premier britannico David Cameron hanno entrambi parlato di fallimento del multiculturalismo, che insiste a riconoscere uguale valore a tutte le civiltà. E peggio ancora, i movimenti fascisti come il Golden Dawn, in Grecia, sono in aumento.

 

Molti altri profughi potrebbero far seguito ai siriani. Tra essi, bengalesi, pakistani, afgani, iraniani, iracheni, libanesi, palestinesi, egiziani, somali e algerini. Altri, come ad esempio gli yemeniti e i tunisini, potrebbero presto unirsi a loro.

 

Fortunatamente, c’è una soluzione a portata di mano.

 

Per inserire i siriani “nei paesi che possono permettersi di ospitarli”, come ha spiegato Guterres, occorre semplicemente distogliere l’attenzione dall’Occidente a maggioranza cristiana e rivolgerla alle vaste distese disabitate dell’opulento Regno dell’Arabia Saudita così come agli Stati più piccoli, ma in alcuni casi anche più ricchi, del Kuwait, Bahrein, Qatar e degli Emirati Arabi Uniti. Tanto per cominciare, questi Paesi (che chiamerò Arabia) sono molto più comodi per fare rientro in Siria rispetto, ad esempio, alla Nuova Zelanda. Vivere in altri Paesi significa anche sopportare climi gelidi (come in Svezia) o imparare lingue difficili parlate da pochi (come il danese).

 

Ma la cosa ancor più importante è che i musulmani d’Arabia condividono profondi legami religiosi con i loro fratelli e sorelle siriani, pertanto, se questi ultimi si stabilissero lì eviterebbero le tensioni provocate dalla vita in Occidente. Prendiamo in considerazione alcuni degli elementi haram (proibiti) che i rifugiati musulmani eviterebbero vivendo in Arabia:

 

  • I cani (61 milioni dei quali vivono solo negli Stati Uniti).
  • Una cucina a base di carne di maiale e una vita sociale intrisa di alcool.
  • Le lotterie sponsorizzate dallo Stato e le sale da gioco d’azzardo in stile Las Vegas.
  • Le donne vestite in modo immodesto, i balletti, i concorsi di bellezza in costume da bagno, le donne single che vivono da sole, i bagni misti, la prostituzione legale.
  • I bar frequentati dalle lesbiche, le pride parade e i matrimoni gay.
  • Un atteggiamento lassista verso gli allucinogeni, con alcune droghe legali in certe giurisdizioni.
  • I romanzi blasfemi, i politici contrari al Corano, le organizzazioni dei musulmani apostati e un pastore protestante che brucia ripetutamente e pubblicamente copie del Corano.

 

In Arabia Saudita, non c’è nessun pericolo di incorrere in una gay pride parade come questa.

 

Invece, i musulmani che vivono in Arabia possono godere di un codice giuridico che (a differenza dell’Irlanda) permette la poligamia e (diversamente dalla Gran Bretagna) autorizza i matrimoni contratti da bambini. Contrariamente alla Francia, l’Arabia consente la difesa di chi picchia la propria moglie e non è troppo severa con le mutilazioni genitali femminili. A differenza degli Stati Uniti, praticare lo schiavismo non comporta la reclusione e i parenti maschi possono commettere delitti d’onore uccidendo le donne della loro famiglia senza timore della pena di morte.

 

Lo scorcio di una strada di Riad, in Arabia Saudita, mostra le attrazioni urbane del Paese.

 

L’esempio dei siriani e dell’Arabia evidenzia una questione assai più ampia: a prescindere dall’affluenza, i rifugiati dovrebbero essere autorizzati e incoraggiati a rimanere nelle aree geografiche dove possono preservare la loro identità culturale, adattarsi più facilmente, rimanere meglio fedeli alle loro tradizioni, sconvolgere meno la società che li ospita e da dove possono più facilmente fare ritorno in patria. Pertanto, i nativi dell’Asia orientale dovrebbero in genere stabilirsi in Asia orientale, i mediorientali in Medio Oriente, gli africani in Africa e gli occidentali in Occidente.

 

L’Onu prenda nota: si concentri meno sull’Occidente e più sul resto.

 

Quanto ai sauditi, è tempo di accogliere a braccia aperte i correligionari musulmani che sono sotto stress.

Fonte: L’Arabia il luogo migliore per i rifugiati :: Daniel Pipes.

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