Le contraddizioni di chi critica Pio XII

Una cosa bizzarra di chi critica la Chiesa è che paradossalmente le accuse che imputa hanno spesso una loro particolare selettività.

Per esempio si accusa Pio XII d’indifferenza o di connivenza verso il genocidio degli ebrei per il suo silenzio riguardo allo sterminio nazista, ma nessuno lo accusa della stessa cosa riguardo al suo silenzio per i misfatti accaduti in Polonia. I polacchi erano infatti considerati dai nazisti un gradino superiore agli ebrei ossia come dei sotto-uomini da schiavizzare e da sfruttare e non mancarono contro di essi dei piani di sterminio. Anch’essi durante la guerra ebbero a soffrire delle crudeltà indicibili: basta pensare che il campo di concentramento di Auschwitz venne progettato inizialmente come luogo di punizione per i polacchi dissidenti.

I nazisti perseguitarono duramente anche la chiesa polacca perché era uno dei simboli dell’identità nazionale del paese e uccisero e imprigionarono migliaia di sacerdoti. Nessuna accusa di indifferenza o di connivenza con il nazismo però è stata fatta a Pio XII per questo, perché sarebbe assurdo pensare che il pontefice potesse guardare con favore allo sterminio di un popolo cattolico e del resto. Pochi sembrano sapere che la Chiesa rischiava seriamente di essere annientata nella stessa Germania: «”Gli ebrei in Palestina, i preti a Roma” era uno degli slogan delle camicie brune e della Gioventù Hitleriana» (R. Moro, La Chiesa e lo sterminio degli ebrei, Bologna 2002 p. 105).

Il pontefice durante la guerra si attenne alla linea di una denuncia generale e di principio, evitando denunce ed individuazioni di colpe precise e determinate. Il motivo per cui decise di attenersi a questa linea era dato da diversi fattori: il timore di rappresaglie naziste contro i cattolici, l’esigenza di neutralità e la necessità di salvaguardare i perseguitati che si voleva difendere.

Ad esempio, riguardo alla questione polacca Pio XII dichiarò nel 1940 all’ambasciatore italiano Dino Alferi: «noi dovremmo dire parole di fuoco contro simili cose, e solo ci trattiene dal farlo il sapere che renderemo la situazione di quelli infelici, se parlassimo ancora più dura». Questa sua scelta destò controversie già all’epoca tra chi pretendeva una chiara denuncia dei crimini nazisti e di chi invece chiedeva di non effettuare pubbliche denunce per il timore che la situazione potesse peggiorare ulteriormente. La linea che tenne verso gli ebrei fu praticamente identica e non mancarono accenni di condanna e di gravità del genocidio nei suoi discorsi. Ad esempio, nel 1942 gli alleati fecero pervenire al papa le prime informazioni sullo sterminio degli ebrei chiedendo di pronunciarsi e Pio XII deplorò nel suo discorso di Natale la situazione di “quelle centinaia di migliaia di persone che, senza veruna colpa propria, talora solo per ragione di nazionalità e di stirpe, sono destinate alla morte o ad un progressivo deperimento”. Paradossalmente, questo discorso venne criticato sia dagli Alleati che dai nazisti seppur per motivi diversi: i primi lo giudicarono troppo generico, mentre i secondi invece lo considerarono fin troppo chiaro tanto che l’Ufficio di Berlino responsabile della deportazione degli ebrei (l’ufficio principale della sicurezza del Reich) annotò che “in una maniera mai conosciuta prima, il papa ha ripudiato il nuovo ordine europeo del nazionalsocialismo (…) qui egli sta virtualmente accusando il popolo tedesco di ingiustizia verso gli ebrei e si rende portavoce dei criminali di guerra ebraici” (M. Gilbert, I giusti d’Italia, P. 345).

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