Le “Iene” e gli sciacalli mediatici contro la Chiesa

di Marco Mancini

Proprio nell’imminenza del Conclave, torna di moda il tema degli abusi sessuali nella Chiesa. Nell’opera di divulgazione mediatica sul tema si è particolarmente distinto il programma “Le Iene” (nomen omen…), che ha trasmesso per due puntate consecutive servizi sullo scandalo della pedofilia, riguardanti in particolare la diocesi di Savona.

Diciamolo una volta per tutte: contra factum non valet argumentum. Che diversi sacerdoti cattolici abbiano abusato sessualmente di minori – in forme più o meno gravi – è un fatto. Che la reazione delle gerarchie ecclesiastiche non sia stata sempre adeguata alla situazione, è un fatto. Che i Vescovi si siano spesso limitati a trasferire i sospettati da una parrocchia a un’altra, sperando di riuscire a limitare i danni e di evitare uno scandalo alla Chiesa, è un fatto. Il punto è che i fatti, oltre a essere denunciati, devono trovare una spiegazione.
La Chiesa Cattolica è un’istituzione millenaria, che porta ancora su di sé tutto il peso della sua storia passata. Per secoli essa ha modellato la propria esistenza sulla base dell’autonomia e della separatezza rispetto alle leggi e ai criteri del mondo secolare: basti pensare agli istituti del foro ecclesiastico e del diritto d’asilo. Il primo prevedeva che i chierici potessero essere giudicati solo dai tribunali ecclesiastici e non da quelli civili, il secondo assicurava l’impunità a coloro che, macchiatisi di qualsiasi delitto, avessero trovato rifugio in chiese, conventi o monasteri (se ne ha un’eco, ad esempio, nella vicenda di Esmeralda in “Notre Dame di Paris” di Victor Hugo). In Italia, tali istituti furono entrambi aboliti con le leggi Siccardi del 1850, ma la concezione che ne era alla base ha continuato a sopravvivere, nel bene e nel male, all’interno della compagine ecclesiale.

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