L’Egitto, la Siria e noi « SibiaLiria

Molte potrebbero essere le chiavi di lettura per commentare quello che sta  succedendo in Egitto.

Ad esempio , evidenziare l’ipocrisia dell’Occidente che, dapprima con sanzioni e poi con l’intervento militare, ha scatenato una guerra alla Siria per aiutare i “ribelli” e che oggi non batte ciglio (anzi, Obama ha confermato gli aiuti militari ed economici) di fronte ai massacri che stanno insanguinando l’Egitto.

Oppure, il ruolo del movimento Tamarod (Ribellione) che ha instradato i milioni di egiziani scesi in piazza per protestare sostanzialmente contro una mostruosa crisi economica – dettata dal Fondo Monetario Internazionale e aggravata dal rientro di un milione di emigrati che lavoravano in Libia prima della sua “liberazione” – unicamente verso l’inetta e corrotta “casta” del governo Morsi e dei “Fratelli mussulmani”, trovando così “alleati” in ampi settori dell’oligarchia egiziana, nelle Petromonarchie (che aizzavano la folla promettendo favolosi “investimenti” in Egitto dopo la caduta di Morsi), e nello stesso esercito, (che, pure, aveva sempre sostenuto il governo).

Oppure, il ruolo degli anonimi cecchini che, – così come agli esordi dell’aggressione alla Siria – trasformano le manifestazioni in scontri militari. 

Ci sarà occasione per approfondire questi argomenti. Per ora soffermiamoci sul ruolo dei “Fratelli mussulmani“, una organizzazione – è bene ricordarlo – creata, nel 1928 dall’imperialismo inglese per contrastare i nascenti movimenti indipendentisti e “socialisti” arabi; e che, non a caso, una volta arrivata al potere nel 2012 in Egitto, si è affrettata a schierarsi con l’Occidente contro la Siria e a confermare il trattato militare e politico con Israele. L’organizzazione dei  “Fratelli mussulmani” (oggi osteggiata dal Bahrain e Arabia Saudita, ma sponsorizzata da Qatar), e alla quale – è bene ricordarlo – appartiene anche Hamas, avrebbe tenuto una riunione a Istanbul il 29 luglio 2013 nella quale, per porre fine al loro logoramento politico in Egitto (dettato da una crescente crisi economica e dalle conseguenti proteste), veniva stabilito di porre le mani alle armi, rompendo quella politica di continui compromessi con l’esercito che aveva caratterizzato il governo Morsi. La conseguente mattanza (sopratutto, nella popolazione inerme) avrebbe trasformato i “Fratelli mussulmani” da mediocri politicanti in “martiri del sionismo e dell’imperialismo”. Una indicazione politica che sarebbe stata data, soprattutto, dal Quatar. L’uscita dei “Fratelli mussulmani” dal governo egiziano senza reazioni clamorose, infatti, avrebbe potuto indebolire ancora di più i governi del partito Ennahdha in Tunisia e del presidente Erdogan in Turchia; per non dire dei “Fratelli musulmani” tra le forze anti Assad in Siria, oggi allo sbando e, sostanzialmente, surclassati da Al Qaeda. La scelta dei Fratelli mussulmani”, quindi, sarebbe più funzionale ad uno scontro politico sul piano regionale che su quello interno egiziano.

Certamente, queste considerazioni non possono giustificare l’inerzia che sta caratterizzando quello che resta del “movimento pacifista” di fronte ai massacri e alla “guerra di religione” che si sta profilando in Egitto. E per decidere il cosa fare e come, proponiamo come Redazione di Sibialiria una assemblea da tenersi nei prossimi giorni. Aspettiamo le vostre adesioni.

La Redazione di Sibialiria

Fonte: L’Egitto, la Siria e noi « SibiaLiria.

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