L’esodo dei cristiani ferita aperta dell’Egitto | Mondo | www.avvenire.it

Il «Dolce luogo», è la traduzione dall’arabo del nome di questa località sulla sponda sinistra del Nilo, trenta chilometri a sud dal Cairo. C’erano ville meravigliose. Sultani e pasha, l’ultimo re Faruk, vi si recavano per rinfrancarsi nelle cure termali, all’ombra dei palmizi. Oggi, Helwan è solo un disastro. Spiantate le residenze reali e quelle coloniali con i bulldozer, come funghi sono stati innalzati palazzoni popolari di dieci piani. Colline di cemento armato, soffocate da una cornice di immondizia e degrado che avanza.

Helwan è quell’enorme cementificio che, alla sua periferia, dell’aria ne fa un disastro. Polvere che tutto ricopre e sbianca, che con il respiro intonaca pure i polmoni. Helwan è una città satellite di quella tentacolare «Grande Cairo» che si espande come una spugna, nutrendosi di chilometri di spazi, trascinandosi dietro la sua miseria e la sua caotica urbanizzazione che schiamazza in una anarchia di clacson. «Quanta gente vive a Helwan?». Sorride, padre Alberto Modesti, missionario comboniano bresciano, con alle spalle 25 anni di missione in nord Sudan, dieci in Sud Sudan, e adesso da nove in Egitto.

«Nessuno è in grado di dirlo con certezza. In Egitto, la migrazione dalle zone rurali verso luoghi come Helwan è inarrestabile. A spanne, ma credo di non sbagliare, non meno di un milione e mezzo, due milioni di persone, novanta per cento musulmani. Certo che so, invece, quanti cristiani cattolici vivono qui: sessanta famiglie. Circa 300 individui: copti cattolici, armeni, melchiti, maroniti, caldei, siro-cattolici».

Helwan è una roccaforte del governo del presidente Morsi, forti sono i Fratelli musulmani e gli alleati salafiti. Ma rilevante è anche la presenza di quell’Egitto con un soffio islamico decisamente più moderato, con una visione più attuale e che si è espresso in maniera critica votando il suo no nel referendum per la nuova Costituzione: «Un islam capace di vivere la religione insieme al progresso e che ha trovato il suo modo di esplicitarsi sui banchi delle nostre scuole: una peculiarità cattolica, non esistono altri soggetti che lo fanno, quella di investire il futuro di un Paese nell’istruzione scolastica».

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