Lettera a Asia Bibi | Tempi.it

dicembre 21, 2012 Peppino Monteduro

Ho letto con profonda attenzione la lettera che Asia Bibi ha inviato dal suo carcere a quel qualcuno che forse neanche lei poteva immaginare leggesse mai quelle righe piene non solo di ingiustizia, ma anche di affezione e abbraccio verso i suoi cari.

Leggendo e rileggendo quella lettera, io – comodo su un divano occidentale, frutto dell’ingegno occidentale, mentre fumavo una sigaretta impacchettata in Occidente – ho avuto un forte sussulto. Non era una lettera come le altre. Io non sapevo nemmeno che esistesse Asia Bibi. Non lo sapevo. Ed ora le dico che sono felice di sapere che esista. Leggendo quella lettera, e mi scuso per un qualcosa che forse sembrerà egocentrismo ma non lo è, dico che Asia Bibi l’ha scritto a me. Ha scritto anche a me.

Essere in carcere dall’altra parte del mondo, per il fatto di esser cristiana. È come se in carcere ci fossi anch’io. In quel carcere, dietro quelle sbarre, dopo quella lettera ci sono anch’io. E il mio non è un atto di generosità, di vicinanza solidale. Il mio è un atto di appartenenza. Perché se un figlio della Chiesa è in carcere per la fede della sua Chiesa, beh in quel carcere ci siamo tutti. In quel carcere ci sono tutti quelli che a quella Chiesa appartengono. Così come un tibetano si sente mancare quando vede cosa succede ai monaci tibetani massacrati dal regime cinese.

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