LETTURE/ Breve cronaca da un paese dove la Chiesa | IlSussidiario.net sta sparendo

Roberto Graziotto

LIPSIA — “La generazione (tedesca) socializzata cristianamente e attiva a livello ecclesiale uscirà tra poco dal mondo del lavoro e morirà nei prossimi tre decenni. Poi crollerà anche la facciata della Chiesa. Dietro ad essa apparirà una minoranza di fedeli, che non sarà più grande della comunità religiosa dei testimoni di Geova”. Così, in modo lapidario, si è espresso Markus Günther nella Frankfurter Allgemeine Zeitung alla fine dell’anno scorso, qualche giorno dopo il Natale. L’uscita dal mondo del lavoro è un fatto degno di nota, in modo particolare se si tiene conto del sistema tedesco di “tasse obbligatorie” per l’appartenenza alla Chiesa. L’articolo parla di una ricerca statistica affidata dalla Chiesa cattolica in Germania al rinomato istituto demoscopico di Allensbach. I risultati sono stati così catastrofici che non sono stati presentati al grande pubblico. Alcuni dati: il 68 per cento ha risposto alla domanda sul come mai è cattolico con una risposta del tipo: “Perché così si possono festeggiare i momenti importanti della vita in Chiesa, per esempio il matrimonio e il battesimo”. In seconda posizione si trova la motivazione: “Semplicemente, fa parte della tradizione della nostra famiglia”.

Ogni tre ragazzi che vengono cresimati (o confermati, secondo il vocabolario teologico luterano) uno non crede in Dio. Per quanto riguarda l’andare alla Messa domenicale vi è stata un’ ulteriore perdita del 10 per cento tra quei pochi che ci vanno ancora. Per quanto riguarda poi il popolo tedesco in generale, il dato più interessante è che solo un terzo dei tedeschi crede nella risurrezione di Cristo. Tenendo conto del fatto, dice il commentatore della FAZ, che formalmente due terzi dei tedeschi appartengono ad una confessione cristiana, è un dato importante. Ovviamente a una statistica si può far dire ciò che si vuole, ma certamente questi dati, pur tenendo conto del fatto che Dio può far nascere figli ad Abramo anche da delle pietre (Lc 3,3), non possono essere negati, tanto più che, come dice il Vangelo di Giovanni, solo la “verità ci può far liberi” (Gv 8,32). Ora, la verità non è la registrazione di cose pretese vere, come spesso fanno le statistiche, ma la mia esperienza mi permette di confermare che molti dei risultati che la statistica di Allensbach rileva sono senz’altro “veri”. Se poi si chiedesse quante persone credono che la nascita verginale di Maria non sia un mito, ma una realtà storica e teologica, ci troveremmo certamente di fronte ad un dato sconcertante. Probabilmente credono in essa — pur tenendo contro delle riduzioni che su questo avvenimento vengono fatte nel Corano —, in forza del loro libro sacro, più musulmani che cristiani nei paesi industriali.

I dati statistici sono interpretati dal giornalista tedesco con un’analisi molto acuta, ma non nuova. La crisi religiosa non è dovuta al fatto che la Chiesa sia troppo poco “aggiornata” nei confronti del nostro tempo. La Chiesa evangelica lo è in tutte le questioni poste dai media oggi: sacerdozio per le donne, abolizione del celibato, liberalità in questioni etiche, completa accettazione degli omosessuali e dei divorziati risposati, ma essa è ancora più in crisi della Chiesa cattolica, le loro chiese sono ancora più vuote. La questione essenziale, così Markus Günther, è invece che le Chiese devono annunciare all’uomo di oggi “verità assolute”. Questo è il suo compito e proprio in esso fallisce. Per questo le persone si affidano a un eclettismo religioso in cui provano a darsi delle risposte riguardanti esigenze assolute.

Detto questo, rimane uno scarto ed una “tentazione” tra l’analisi della crisi e il modo di annunciare le “verità assolute”. Uno scarto perché parlando della Chiesa di Cristo siamo confrontati sempre con il mistero. La tentazione, anche nelle analisi più giuste, è quella della “spiritualità mondana” (Henri de Lubac, citato da papa Francesco nell’Evangelii Gaudium): con essa non annunciamo Cristo, ma noi stessi e la nostra capacità intellettuale di comprendere un problema.

La “verità assoluta” che mi interessa come uomo e non solo come cristiano è primariamente se la risurrezione di Cristo, Logos incarnato, Figlio dell’uomo e di Dio, sia realmente un oggetto di esperienza nella mia vita e nella vita del mondo. Non essendo chiaro che questo è l’elemento essenziale dell’annuncio cristiano, ogni occasione diventa motivo per una “polemica”. Di recente per esempio tanti giornalisti hanno preso spunto da un aneddoto di papa Francesco sulle sberle nell’educazione dei bambini per attaccarlo duramente. Christiane Florin, per esempio, in Zeit online ci illumina sul fatto che il papa-nonno buono è una favola, in verità papa Francesco penserebbe che bisogna educare i bambini prendendoli a botte. La ricezione della frase è così distorta che un mio allievo non socializzato cristianamente mi ha scritto per dirmi che ciò gli provoca una grande tristezza. Ormai anche i cristiani, diciamo così, di sinistra, sono delusi perché Francesco non fa le “riforme” che questi si aspettavano: celibato volontario, comunione per i divorziati risposati, progressi ecumenici nella valorizzazione della donna (cioè sacerdozio anche per le donne), vescovi scelti dal popolo di Dio (cioè dalle persone laiche che hanno un potere molto grande nella Chiesa in Germania).

Ci si trova così a spiegare che anche un grande e gioioso evangelizzatore come papa Francesco non può evitare che un errore umano o il “caso” uccida una giovane donna impegnata come volontaria alla preparazione della visita papale nelle Filippine. Francesco non è Gesù, come egli stesso ci ricorda, e non può comandare al vento e alla tempesta, o forse, per umiltà, vuole essere il più “trasparente” possibile all’operare del Signore.

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