Libano: un presente massacrato da politiche “diaboliche”, un futuro pieno di speranza

Intervista a mons. Simon Atallah, Vescovo di Baalbek dei Maroniti in Libano

Salvatore Cernuzio

ROMA, Sunday, 3 February 2013 (Zenit.org).

Voglio dire solo la verità”. Ha risposto così mons. Simon Atallah, Vescovo di Baalbek – Deir El-Ahmar dei Maroniti in Libano, alla richiesta di ZENIT di rilasciare un’intervista.
Più che risposte, infatti, quelle di mons. Atallah sono state veri e propri sfoghi. Gli sfoghi di un Pastore stanco di vedere una terra prima serena, diventare sempre più scenario di guerra e distruzione. Stanco di assistere alla morte di persone innocenti. Stanco di ravvisare le continue ingiustizie che forze esterne compiono sul territorio libanese solo perché più “fragile” rispetto agli altri paesi del Medio Oriente.
Stanco, ma allo stesso tempo fiducioso. Perché per il Libano c’è ancora speranza. Perché al di là della logica umana c’è la consolazione che viene da Dio. Perché c’è una Chiesa che resiste e predica la fratellanza e c’è un popolo che non perde la fede. E soprattutto perché ci sono i giovani, così coraggiosi e desiderosi di voler porre basi più solide per il futuro del Paese, da aver “rincuorato” lo stesso Benedetto XVI nella visita di settembre.

Di seguito l’intervista a mons. Simon Atallah.

***

Eccellenza, qual è la verità che ancora non si conosce sul Libano?
Mons. Atallah: La verità non la si può trovare mai da soli. Noi la stiamo cercando, facciamo colloqui, incontri, conferenze, dialoghi, per capire la verità sul Libano e sul Medio Oriente in generale; ma, alla fine, scopriamo delle cose che non sono positive purtroppo.

A cosa si riferisce?
Mons. Atallah: Prima in Libano noi stavamo bene, c’era stabilità, tutto il mondo passava da lì, la gente lavorava, studiava, si faceva una vita normale. Finché da un giorno all’altro c’è stato un “movimento” di destabilizzazione che ha creato appositamente problemi per mettere in conflitto la gente. Ancora ora fanno esplodere una macchina, fanno saltare in aria un bus pieno di persone, rapinano qualcuno, ammazzano qualcun altro. Così vogliono rendere instabile il Paese e la regione. Questo complotto è cominciato proprio nel Libano, perché è uno dei paesi più democratici della zona ed è fragile, nel senso che ci è voluto poco a distruggere le buone relazioni tra la gente, a far perdere la pace alle anime. Vogliono fare, quindi, la loro guerra in Siria, in Arabia Saudita, in Egitto e la fanno sul territorio libanese.

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