Libano: verso stragi o riscatto?

È insolitamente deserta la strada General Shehab, la grande arteria che taglia il centro della capitale libanese. I soldati ai posti di blocco ci consentono di percorrere a piedi questa sopraelevata, mentre camion carichi di soldati si dispongono nei punti strategici della città, rimasta come sospesa tra la prima giornata di lutto (sabato) e i funerali di Stato che stanno per iniziare. Decine di migliaia di libanesi affluiscono nella piazza dei martiri per rendere omaggio a Wissam el-Hassam, il capo dei servizi di sicurezza, assassinato venerdì 19 nella strage provocata da un’auto imbottita con 30 kg di esplosivo che ha ucciso anche gli uomini della scorta e ferito un centinaio di persone. Non è lontano il quartiere cristiano di Achrafieh, dove si trova l’ufficio dell’alto ufficiale, uomo chiave dei delicati equilibri libanesi impegnato nel salvaguardare la sovranità nazionale e che i suoi nemici sono riusciti a eliminare dopo alcuni tentativi andati a vuoto. La strage è il più grave attentato politico degli ultimi anni, per l’importanza del bersaglio e le distruzioni provocate. Una parte del Libano è chiaramente sconvolta e accusa le fazioni politiche e religiose filosiriane, i sostenitori del regime di Assad, nonché alcuni componenti dello stesso governo.

«I siriani sanno», osserva Martin McDermott, gesuita statunitense da quarant’anni in Libano. L’esplosione del pomeriggio di venerdì ha fatto tremare i vetri nella comunità dell’Università Saint Joseph, fondata dai gesuiti. Padre McDermott ha attraversato tutti gli anni della guerra civile terminata solo nel 1990 e ricorda bene le autobombe che i siriani facevano esplodere. «Sono deluso, ma non sorpreso – aggiunge -. I siriani, dopo essere stati presenti militarmente in Libano per vent’anni, hanno mantenuto uomini a loro fedeli in posizioni importanti. Questo omicidio è chiaramente una vendetta contro il capo dell’intelligence di polizia che è stato in grado di scoprire un traffico di esplosivi con la Siria per il quale in agosto si è arrivati all’arresto dell’ex ministro Michel Samaha. Dava fastidio al regime di Damasco e prevedo che ai funerali sono ci saranno sciiti».

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