Libertà religiosa: l’ora di una svolta vera | Commenti | www.avvenire.it

L’attentatore suicida che si è fatto esplodere domenica in una chiesa in Nigeria è solo l’anello più recente di una lunga catena di stragi, attentati, intimidazioni, violenze, pressioni. Una catena lorda di sangue ma soprattutto pesante da portare. Come un giogo imposto alle minoranze cristiane in Africa e Asia per indurle a piegarsi alla violenza, a ridurre la loro visibilità, a rinunciare a professare la loro fede a viso aperto. Eppure, per quanto pesante, questo giogo umilia non tanto chi è costretto a portarlo, ma chi cerca di imporlo professando la violenza contro le minoranze religiose nel mondo islamico. O anche solo chi, da quelle violenze, distoglie lo sguardo rimanendo afono – come troppi fanno in Medio Oriente e in Occidente – o si rifugia nelle condanne formali. Derubricando a fatti locali, vendette private, tensioni tribali, reazioni scomposte a provocazioni quella che invece emerge come una delle emergenze maggiori della politica internazionale contemporanea: la violenza religiosa che tende a cancellare la molteplicità identitaria e che considera la mescolanza di comunità e fedi come un pericolo e non già una ricchezza per gli Stati.

Eppure la storia recente ci ha mostrato come le società del Medio Oriente si isteriliscono in un dogmatismo violento quando rinunciano – o sono costrette a farlo – alla compresenza di più comunità. Basti pensare alle sofferenze vissute per anni dall’Iraq, ove lo scontro senza quartiere fra sciiti e sunniti ha travolto tutte le altre minoranze religiose, dai sabei agli yazidi ai cristiani. Il Paese oggi è più povero culturalmente e socialmente: è come se molti iracheni avessero disimparato a vivere assieme. Quando invece, la base di una società plurale sta proprio nel «desiderio di conoscere l’altro», come ha ribadito efficacemente Benedetto XVI durante il suo viaggio in Libano.

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