L’inverno demografico che non passa più | Corrispondenza romana

culle vuote(di Giuliano Guzzo su Ass. Famiglia Domani) Moriremo soffocati da noi stessi. Questo dicevano le previsioni demografiche di qualche anno fa e questo continuano a sostenere alcuni intellettuali come, ad esempio, il politologo Giovanni Sartori, il quale è arrivato a scrivere testualmente: «Tutti i problemi non esisterebbero se fossimo ancora i tre miliardi di quando io nascevo» (“Corriere della Sera”, 24 aprile 2009).

Ancora più drastica fu la sentenza che diede a suo tempo l’ambientalista Jacques Cousteau, il quale, in riferimento alla tragedia provocata da un tifone che colpì il Bangladesh nel ’91, non trovò di meglio che affermare: «Non date la colpa al mare. La vera tragedia del Bangladesh sono gli uomini, una popolazione incontenibile […] Dovremmo essere in 700 milioni in tutto. Allora sì che la vita sulla Terra diventerebbe paradisiaca» (“La Stampa”, 9 maggio 1991). Ora, con buona pace di quanti sposano questi discutibilissimi punti di vista, possiamo serenamente affermare che non è il sovraffollamento del pianeta, oggi, a costituire un rischio. Tutt’altro. Il vero allarme, semmai, è sì demografico, ma di segno opposto; da diversi anni, infatti, gli studiosi si sono resi conto che la temuta «esplosione demografica», come ha scritto Jonathan R. Laing, «si è trasformata in implosione» (“Barron’s”, 8 dicembre 1997).

Dal rischio di un pianeta soffocato – che tutt’ora, inspiegabilmente, inquieta intellettuali come Sartori – siamo cioè passati al rischio di un pianeta deserto. Basti ricordare che negli Stati Uniti, nel corso degli ultimi anni, la percentuale delle donne senza figli è quasi raddoppiato, arrivando al 18%, e quella delle donne con un figlio – il 17% – cresce in misura maggiore di quello delle donne con due figli, ferma al 35%. Le cose vanno addirittura peggio in Europa dal momento che, secondo le proiezioni delle Nazioni Unite, dal 2000 al 2050, dall’Islanda alla Russia, il Vecchio Continente vedrà la sua popolazione crollare da 728 a 600 milioni, o forse a 556 milioni, col risultato che, se queste tendenze progrediranno ulteriormente, alla fine del secolo la popolazione continentale si ridurrà a soli 207 milioni di persone.

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