L’ipocrisia che festeggia le paralimpiadi e i test prenatali | Tempi.it

Intervista a Josephine Quintavalle, leader dei pro lige inglesi: «La nostra legge permette l’eugenetica: se non ci chiediamo perché i giochi ci commuovono saranno stati inutili»

Martedì scorso il quotidiano britannico Daily Mail titolava: “Nuovo test del sangue per i Down che abbassa il rischio di errori: screening più accurati e sicuri per i bambini”. Sullo stesso giornale si celebravano gli atleti disabili delle paralimpiadi di Londra. «È questa l’ipocrisia moderna che si riflette nella legge: da una parte si fa differenza tra concepiti normali e concepiti handicappati. Dall’altra si esaltano gli atleti delle paralimpiadi», spiega a tempi.it Josephine Quintavalle, la più nota esponente laica del movimento pro life britannico, fondatrice e direttrice del Comment on Reproductive Ethics, l’osservatorio sulle tecniche riproduttive umane.

Proprio ieri James Parker, cappellano ai giochi olimpionici, ha raccontato dei dialoghi con alcuni atleti che notavano la stessa ipocrisia: non si capacitavano del fatto che, se fossero stati concepiti nell’Inghilterra di oggi, sarebbero stati molto probabilmente abortiti.
È così. La legge inglese permette l’aborto fino alla ventiquattresima settimana in qualsiasi caso la donna dica di “non sentirsela”. E poi lo permette fino a un minuto prima della nascita nel caso di disabilità del nascituro. In totale gli aborti ufficiali sono circa 600 al giorno. E con la diffusione delle diagnosi pre natali tra il 2001 e il 2010 il numero di quelli dovuti a disabilità è cresciuto di un terzo, 10 volte l’aumento globale degli aborti. La legge sull’aborto è una legge chiaramente eugenetica.

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