L’Isis si scatena, il Medio Oriente trema :: Daniel Pipes

di Daniel Pipes
L’Opinione delle Libertà
17 giugno 2014

Pezzo in lingua originale inglese: ISIS Rampages, the Middle East Shakes
Traduzioni di Angelita La Spada

Con l’occupazione di Mosul del 9 giugno, i jihadisti hanno ottenuto il controllo della seconda città più grande dell’Iraq, hanno fatto incetta di armi, si sono impadroniti di 429 milioni di dollari in oro, aprendosi la strada per raggiungere Tikrit, Samarra e forse anche la capitale Baghdad. I curdi iracheni hanno occupato Kirkuk. Questo è l’avvenimento più importante accaduto in Medio Oriente da quando hanno avuto inizio nel 2010 gli sconvolgimenti arabi. E qui di seguito vi spiego i motivi.

Una minaccia regionale: Lo Stato islamico dell’Iraq e del Levante (o della Siria), chiamato Isil o Isis, un gruppo iscritto nella lista delle organizzazioni terroristiche, potrebbe rovesciare i governi di Iraq e Siria e forse anche altri, a cominciare dalla Giordania. Tra la Siria e l’Iraq, questo gruppo potrebbe cancellare il semisecolare confine tra queste due creazioni coloniali e porre fine alla loro esistenza come Stati unitari, ribaltando così l’ordine politico del Medio Oriente, come emerso dalla Prima guerra mondiale. Giustamente, il governo statunitense definisce l’Isis “una minaccia per l’intera regione”.

Mappa che mostra le città irachene e siriane che sono passate sotto il controllo dello Stato islamico dell’Iraq e del Levante (Isis o Isil).

Una forza inaspettata: Questi avvenimenti dimostrano che la forma più estrema e violenta di islamismo, rappresentata da Al Qaeda e da gruppi simili, può andare oltre il terrorismo e creare dei guerriglieri che conquistano territori e sfidano i governi. A questo scopo, l’Isis si unisce ai talebani in Afghanistan, ad Al-Shabaab, al Fronte Al-Nusra in Siria, ad Ansar Dine in Mali e a Boko Haram in Nigeria.

Un attentatore suicida con alle spalle la bandiera di Al Qaeda (“Non c’è altra divinità all’infuori di Allah, Maometto è il profeta di Allah”) e, in basso e in alto a destra, l’iscrizione “Lo Stato islamico dell’Iraq e del Levante”.

I musulmani detestano l’islamismo: Grazie alla feroce fama che l’Isis si è creata nella sua capitale Raqqa, in Siria, e anche altrove, si stima che sia fuggito un quarto dei due milioni di abitanti di Mosul. L’attuale ciclo di brutalità dell’Isis tornerà a rendere odioso l’islamismo a milioni di musulmani.

Gli abitanti di Mosul in fuga dall’Isis hanno trasformato le strade in parcheggi.

Frustrazione suprema: Perciò, per quanti danni possano fare alle cose e alle persone le organizzazioni simili ad Al Qaeda, esse non finiranno per essere vittoriose (ossia non instaureranno un califfato che applica la legge islamica con rigore e in tutta la sua interezza) perché il loro estremismo puro allontana i musulmani e spaventa i non musulmani. Alla fine, le forme di islamismo tatticamente caute (ossia quella di Fethullah Gülen, in Turchia) hanno maggiori possibilità di riuscita perché attirano una fascia più ampia di musulmani e preoccupano meno i non musulmani.

Sunniti contro sciiti: L’avanzata dei miliziani dell’Isis minaccia direttamente il regime iracheno a prevalenza sciita, filo-iraniano. Teheran non può permettere che questo governo affondi; di conseguenza, le forze iraniane hanno già aiutato a riprendere il controllo di Tikrit, con la promessa di un maggiore coinvolgimento iraniano. Ciò sta a indicare una replica delle divisioni etniche nella guerra civile siriana, con i jihadisti sunniti appoggiati dalla Turchia che si ribellano contro un governo centrale sciita appoggiato dall’Iran. Come in Siria, questo confronto conduce a una catastrofe umanitaria anche se mette gli islamisti gli uni contro gli altri, soddisfacendo in tal modo gli interessi occidentali.

La minaccia della diga di Mosul: Negli anni Ottanta, i sauditi e altri arabi finanziarono una diga costruita male e alla svelta sul fiume Tigri, a circa 35 miglia a nordovest da Mosul. Costruita con materiali scadenti, questa diga presenta delle falle e necessita di riparazioni costanti e di altre misure costose per evitare un crollo catastrofico. Le teste calde dell’Isis continueranno a fare questi lavori di riparazione? Oppure staranno a lesinare su tali misure col rischio di minacciare in tal modo non solo Mosul ma gran parte delle zone abitate dell’Iraq di catastrofiche inondazioni?

Il fallimento americano: Più chiaramente che mai il successo delle forze dell’Isis rivela gli obiettivi troppo ambiziosi dell’invasione dell’Iraq guidata dagli Usa (e parimenti dell’Afghanistan) che è costata migliaia di vite occidentali e più di mille miliardi di dollari. La bella facciata dei 53 miliardi di dollari investiti nelle istituzioni finanziate dagli Stati Uniti, come gli ospedali o l’orchestra sinfonica nazionale irachena, ha dimostrato di essere un vero e proprio fiasco. Basta guardare i soldati dell’Isis che se ne stanno trionfanti in cima alle attrezzature militari americane fornite dagli Stati Uniti per capire la follia delle grandi speranze americane di un tempo per “un Iraq stabile, democratico e prospero”.

Le forze di sicurezza del governo iracheno si sono sbarazzate delle loro uniformi per sfuggire all’Isis.

I repubblicani: I repubblicani accusano ingiustamente Barack Obama delle vittorie riportate dall’Isis. No, non è così, fu George W. Bush a prendere l’impegno di rifare l’Iraq e nel 2008 siglò “l’accordo sullo status delle forze americane” che poneva fine alla presenza militare Usa in Iraq entro la fine del 2011. Perché il Partito repubblicano faccia dei progressi in politica estera, deve riconoscere questi errori e imparare da essi, e non eluderli, riversando la colpa su Obama.

I democratici: L’esecuzione di Osama bin Laden avvenuta nel 2011 è stato un importante atto di vendetta simbolico. Ma non fa quasi nessuna differenza a livello operativo ed è arrivato il momento per Obama di smettere di vantarsi della sconfitta di Al Qaeda. In realtà, Al Qaeda e i suoi partner sono più pericolosi che mai, essendo passati dalle azioni terroristiche alla conquista dei territori. Il benessere degli americani e di altri dipende dal fatto di riconoscere questa realtà e agire di conseguenza.

La politica occidentale: Questo è fondamentalmente un problema del Medio Oriente e le potenze esterne dovrebbero proporsi di tutelare i loro stessi interessi, e non di risolvere le crisi mediorientali. Spetta a Teheran, e non a noi, il compito di combattere l’Isis.

Fonte: L’Isis si scatena, il Medio Oriente trema :: Daniel Pipes.

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