L’islam e le donne

di Silvana De Mari   8 marzo 2013

Coloro che sono nati nei paesi democratici non possono sapere a che punto i diritti che a loro sembrano del tutto naturali sono inimmaginabili per altri che vivono nelle teocrazie islamiche. Avrei meritato, come qualsiasi essere umano, di essere nata in un Paese democratico, non ho avuto questa fortuna, allora sono nata ribelle. Ma che cos’è portare il velo, abitare un corpo velato? Cosa significa venire condannata a essere chiusa in un corpo velato perché femminile? Chi ha il diritto di parlarne?

Avevo tredici anni quando la legge islamica si è imposta in Iran sotto la ferula di Khomeini rientrato dalla Francia con la benedizione di molti intellettuali francesi. Una volta ancora, questi ultimi avevano deciso per gli altri quel che doveva essere la loro libertà e il loro avvenire. Una volta ancora, si erano prodigati in lezioni di morale e in consigli politici. Una volta ancora non avevano visto arrivare niente, non avevano capito niente. Una volta ancora, avevano dimenticato tutto, e forti dei loro errori passati, si apprestavano a osservare impunemente le prove subite dagli altri, a soffrire per procura, anche a costo di fare, al momento opportuno, qualche revisione straziante che tuttavia non intaccherà né la loro buona coscienza né la loro superbia.
Certi intellettuali francesi parlano volentieri al posto degli altri. E oggi ecco che parlano al posto di quelle che non hanno voce – quel posto che, per decenza, nessuno al di fuori di esse dovrebbe cercare di occupare. Perché, questi intellettuali, insistono, firmano, presentano petizioni. Parlano della scuola, dove non hanno più messo piede da lungo tempo, delle periferie dove non hanno mai messo piede, parlano del velo sotto il quale non hanno mai vissuto. Decidono strategie e tattiche, dimenticando che quelle di cui parlano esistono, vivono in Francia, Stato di diritto, e non sono un soggetto su cui dissertare, un prodotto di sintesi per esercitazioni scolastiche. Smetteranno mai di lastricare di buone intenzioni l’inferno degli altri, pronti a tutto per avere il loro nome in fondo a un articolo di giornale?

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