L’Islam può essere riformato?: La storia e la natura umana dicono che è possibile :: Daniel Pipes

di Daniel Pipes
Commentary
Luglio/Agosto 2013

Pezzo in lingua originale inglese: Can Islam Be Reformed?

Al presente, l’Islam rappresenta una forza arretrata, aggressiva e violenta. Esso deve rimanere tale o può essere riformato e diventare moderato, moderno e bonario? Le autorità islamiche possono formulare un’interpretazione della loro religione che garantisca pieni diritti alle donne e ai non musulmani, e la libertà di coscienza ai musulmani; che accetti i principi fondamentali della finanza e della giurisprudenza moderne; e che non cerchi di imporre la sharia, la legge islamica, né di stabilire un califfato?

Un numero crescente di analisti crede che ciò non sia possibile, che la fede musulmana non può fare queste cose, che questi tratti sono tipici dell’Islam e che facciano immutabilmente parte della sua struttura. Alla domanda se lei fosse d’accordo con la mia formulazione che “l’Islam radicale è il problema, ma quello moderato è la soluzione”, la scrittrice Ayaan Hirsi Ali ha risposto: “Mi spiace, ma è sbagliato”. La Hirsi Ali ed io siamo nella stessa trincea, combattiamo per gli stessi obiettivi e contro gli stessi avversari, ma siamo in disaccordo su questo punto fondamentale.

La mia tesi si divide in due parti. In primo luogo, la posizione essenzialista di molti analisti è sbagliata; e, in secondo luogo, può emergere un Islam riformato.

Argomentare contro l’essenzialismo

Rumi (1207-1273), un importante mistico dell’Islam.

Affermare che l’Islam non potrà mai cambiare significa asserire che il Corano e gli hadith, che costituiscono il fulcro della religione, devono essere sempre interpretati nello stesso modo. Ma sostenere questa tesi ne rivela l’errore, perché nulla delle cose umane dura in eterno. Tutto ha una storia. E ogni cosa ha un futuro che sarà diverso dal suo passato.

Solo non tenendo conto della natura umana e ignorando più di un millennio di cambiamenti reali nell’interpretazione del Corano si può affermare che quest’ultimo sia stato interpretato allo stesso modo col passare del tempo. I cambiamenti riguardano questioni come il jihad, la schiavitù, l’usura, il principio che “non c’è costrizione nella religione” e il ruolo delle donne. Inoltre, i numerosi interpreti importanti dell’Islam degli ultimi 1.400 anni – come ash-Shafi’i, al-Ghazali, Ibn Taymiya, Rumi, Shah Waliullah e Ruhollah Khomeini – furono in profondo disaccordo tra di loro riguardo al contenuto del messaggio dell’Islam.

Per quanto fondamentali possano essere il Corano e gli hadith, essi non rappresentano, però, la totalità dell’esperienza musulmana; l’esperienza accumulata dalle popolazioni islamiche dal Marocco all’Indonesia e oltre non è meno importante. Soffermarsi sulle scritture dell’Islam è come interpretare gli Stati Uniti esclusivamente attraverso la lente della Costituzione; ignorare la storia del Paese porterebbe a una comprensione distorta.

In altre parole, la civiltà islamica medievale primeggiava e i musulmani di oggi, qualunque parametro s’impieghi, sono fanalini di coda. Ma se le cose possono peggiorare, possono anche migliorare. Nel corso della mia carriera, ho assistito all’ascesa dell’islamismo dai suoi timidi esordi – quando scesi in campo nel 1969 – al grande potere di cui oggi gode. Ma se l’islamismo può crescere, può anche tramontare.

E come potrebbe accadere?

La sintesi medievale

Shah Waliullah (1703-1762), un pensatore di spicco dell’Islam indiano.

Elementi chiave del ruolo dell’Islam nella vita pubblica sono la sharia e le numerose richieste insostenibili che la legge islamica fa ai musulmani. Amministrare uno Stato con le tasse ridotte al minimo col permesso della sharia ha dimostrato di essere insostenibile, e come si può gestire un sistema finanziario senza addebitare gli interessi? Un sistema penale che ha bisogno di quattro uomini che abbiano assistito a un atto di adulterio per comprovare il reato è impraticabile. È impossibile osservare il divieto della sharia di muovere guerra contro altri musulmani; piuttosto, circa tre quarti di tutte le guerre mosse dai musulmani sono dirette contro altri musulmani. Allo stesso modo, esigere il jihad perpetuo contro i non musulmani è pretendere troppo.

Per aggirare queste e altre richieste irrealistiche, i musulmani pre-moderni hanno elaborato certi espedienti legali che permettevano che le norme islamiche fossero meno rigide senza violarle direttamente. I giuristi hanno escogitato delle astuzie legali (hiyal) e altri stratagemmi grazie ai quali la lettera della legge poteva essere osservata senza negare il suo spirito. Ad esempio, sono stati elaborati diversi meccanismi per vivere in armonia con i Paesi non musulmani. C’è anche la vendita e il riacquisto (bai al-inah) di un oggetto, che permette all’acquirente di pagare una forma di interesse camuffata. Le guerre mosse dai musulmani contro altri musulmani sono state rinominate jihad.

Questo compromesso tra la sharia e la realtà corrisponde a ciò che io ho definito “la sintesi medievale” dell’Islam, nel mio libro In the Path of God (1983). Questa sintesi ha trasformato l’Islam da un insieme di esortazioni astratte e irrealizzabili in un sistema funzionale. In termini pratici, essa ha mitigato la sharia e ha reso operativo il codice giuridico. La sharia potrebbe essere ora applicata senza che i musulmani debbano seguire le esortazioni più rigorose. Kecia Ali, della Boston University, nel suo volume Marriage and Slavery in Early Islam osserva il contrasto esistente fra la legge formale e applicata, citando altri specialisti:

Una direzione importante in cui gli studi giuridici hanno proceduto è stata quella di “confrontare la dottrina con la prassi seguita dai tribunali”. Come osserva uno studioso che dibatte di testi giuridici e scritturali, “I modelli sociali erano in forte contrasto con l’immagine ‘ufficiale’ presentata da queste fonti ‘formali'”. Gli studi spesso giustappongono le decisioni flessibili e relativamente eque dei giudici a una tradizione testuale della giurisprudenza indifferenziata e talvolta fortemente patriarcale. È mostrata la prova “della flessibilità nella legge islamica che spesso è raffigurata come stagnante e draconiana”.

Se la sintesi medievale ha funzionato nel corso dei secoli, non ha, però, mai superato una difficoltà fondamentale: non si è del tutto radicata né è mai derivata dai testi fondamentali e costituzionali dell’Islam. Basata su compromessi e mezze misure, essa è sempre rimasta vulnerabile alla sfida dei puristi. In effetti, la storia musulmana pre-moderna ha caratterizzato molte di queste sfide, tra cui il movimento degli Almohadi del XII secolo nel Nord Africa e il movimento wahhabita del XVIII secolo in Arabia. In ogni caso, gli sforzi puristi cessarono e la sintesi medievale si riaffermò, per poi essere sfidata nuovamente dai puristi. Quest’alternanza fra pragmatismo e purismo caratterizza la storia musulmana, contribuendo alla sua instabilità.

La sfida della modernità

La soluzione di fatto offerta dalla sintesi medievale naufragò con l’arrivo della modernità imposta dagli europei, convenzionalmente datata al 1798, anno in cui Napoleone attaccò l’Egitto. Questa sfida spinse la maggior parte dei musulmani in direzioni opposte nel corso dei successivi due secoli: all’occidentalizzazione o all’islamizzazione.

I musulmani colpiti dai successi occidentali cercarono di minimizzare la sharia e di sostituirla con gli usi e costumi occidentali in quei settori dove c’è un senso di separazione fra Stato e religione e dove c’è eguaglianza dei diritti per le donne e per i non musulmani. Il fondatore della Turchia moderna Kemal Atatürk (1881-1938) simboleggia questo sforzo. Fino al 1970 circa, il destino musulmano sembrava essere inevitabile, con la resistenza all’occidentalizzazione che pareva sterile e futile.

Atatürk (a sinistra) e Khomeini: la loro visione dell’Islam era differente, come pure il loro aspetto.

Ma quella resistenza si è dimostrata profonda e alla fine trionfante. Atatürk ha avuto pochi successori e la sua Repubblica di Turchia ora indietreggia in direzione della sharia. Ad esempio, l’occidentalizzazione sembrava più forte di quanto non lo fosse veramente perché tendeva ad attrarre le élite che si facevano vedere e sentire mentre le masse erano in genere contenute. Dal 1930 circa, gli elementi riluttanti hanno iniziato a organizzarsi e a sviluppare un proprio programma positivo, specialmente in Algeria, in Egitto, in Iran e in India. Rifiutando l’occidentalizzazione e tutte le sue opere, essi hanno argomentato a favore della piena applicazione della sharia come immaginavano fosse accaduto agli albori dell’Islam.

Pur rifiutando l’Occidente, questi movimenti – che sono chiamati islamisti – si sono modellati sulle nascenti ideologie totalitarie del loro tempo come il fascismo e il comunismo. Gli islamisti hanno preso in prestito molti principi di queste ideologie, come la superiorità dello Stato sull’individuo, l’accettabilità della forza bruta e la necessità di uno scontro cosmico con la civiltà occidentale. Essi hanno preso tranquillamente in prestito dall’Occidente anche la tecnologia, soprattutto militare e medica.

Nei successivi cinquant’anni, le forze islamiste, attraverso un duro lavoro creativo, si sono irrobustite e hanno finito per irrompere al potere e salire alla ribalta con la rivoluzione iraniana del 1978-1979 capeggiata dall’Ayatollah Khomeini, contrario ad Atatürk. Quest’avvenimento sorprendente e il suo obiettivo centrato di creare un ordine islamico hanno ispirato ampiamente gli islamisti, che nei successivi trentacinque anni hanno fatto grossi progressi, trasformando le società e applicando la sharia in modi nuovi ed estremi. Ad esempio, in Iran, il regime sciita ha impiccato gli omosessuali alle gru e ha costretto gli iraniani in abiti occidentali a bere dalle latrine; e in Afghanistan, il regime talebano ha bruciato le scuole femminili e i negozi di musica. L’influenza degli islamisti ha raggiunto l’Occidente stesso, dove si trova un numero crescente di donne che indossano hijab, niqab e burqa.

Pur essendo stato creato come un modello totalitario, l’islamismo ha dimostrato di avere una maggiore adattabilità tattica rispetto al fascismo e al comunismo. Queste ultime due ideologie sono riuscite raramente ad andare oltre la violenza e la coercizione. Ma l’islamismo, capeggiato da figure come Recep Tayyip Erdogan (nato nel 1954) e il suo Partito per la giustizia e lo sviluppo (Akp), ha esplorato anche forme non rivoluzionarie. Da quando è arrivato legittimamente al potere nel 2002, l’Akp ha gradualmente minato la laicità turca con notevole destrezza, operando all’interno delle strutture democratiche del Paese, praticando il buon governo e non provocando l’ira dell’esercito, da lungo tempo custode della laicità turca.

Gli islamisti oggi sono in marcia, ma la loro ascesa è recente e non offre nessuna garanzia di longevità. In effetti, come le altre ideologie utopistiche radicali, l’islamismo perderà il suo fascino e il suo potere diminuirà. Certamente, le rivolte del 2009 e del 2013 contro i regimi islamisti in Iran e in Egitto, puntano in quella direzione.

Verso una sintesi moderna

Per sconfiggere l’islamismo, i musulmani anti-islamisti devono sviluppare una visione alternativa dell’Islam e spiegare che cosa significhi essere un musulmano. Nel farlo, essi possono ricorrere al passato, soprattutto ai tentativi di riforma negli anni che vanno dal 1850 al 1950, sviluppando una “sintesi moderna” paragonabile al modello medievale. Questa sintesi opererebbe una scelta fra i precetti della sharia e renderebbe l’Islam compatibile con i valori moderni. Essa accetterebbe la parità dei sessi, coesisterebbe pacificamente con gli infedeli e, tra le altre misure, accantonerebbe l’obiettivo di instaurare un califfato universale.

In questo caso, l’Islam può proficuamente essere paragonato alle due altre grandi religioni monoteiste. Mezzo millennio fa, ebrei, cristiani e musulmani erano tutti ampiamente d’accordo sul fatto che la schiavitù o il lavoro coatto fosse accettabile, mentre il pagamento degli interessi sul denaro prestato non lo era. Alla fine, dopo aspri e prolungati dibattiti, ebrei e cristiani cambiarono idea su queste due questioni; oggi, nessun ebreo o cristiano approva la schiavitù né condanna il pagamento di interessi ragionevoli sui prestiti.

Tra i musulmani, però, questi dibattiti sono solo iniziati. Anche se la schiavitù è stata formalmente bandita in Qatar nel 1952, in Arabia Saudita nel 1962 e in Mauritania nel 1980, essa ancora esiste in questi e in altri Paesi a maggioranza musulmana (soprattutto in Sudan e in Pakistan). Alcune autorità islamiche sostengono addirittura che un pio musulmano deve approvare la schiavitù. Da oltre quarant’anni sono state create numerose istituzioni finanziarie forse per un valore di mille miliardi di dollari per permettere ai musulmani osservanti di fingere di pagare o di ricevere gli interessi sul denaro ricevuto in prestito o prestato, (“fingere” perché le banche islamiche dissimulano gli interessi con sotterfugi come le commissioni o le competenze).

L’edificio che ospita l’Abu Dhabi Islamic Bank, una delle istituzioni finanziarie “senza interessi” più grandi al mondo.

I musulmani riformisti devono fare meglio dei loro predecessori medievali e motivare la loro interpretazione delle scritture e la sensibilità dell’epoca. Perché i musulmani modernizzino la loro religione, devono emulare gli altri credenti monoteisti e adattare la loro religione per quanto riguarda la schiavitù e gli interessi, il trattamento delle donne, il diritto di abiurare l’Islam, le procedure legali e molto altro ancora. Quando emergerà un Islam moderno e riformato, esso non appoggerà più la disuguaglianza tra i sessi, la condizione di dhimmi, il jihad o il terrorismo suicida, né esigerà la pena di morte per adulterio e non terrà conto delle violazioni dell’onore della famiglia, della bestemmia e dell’apostasia.

Già in questo giovane secolo, si può ravvisare qualche segnale positivo in questa direzione. Si notino alcuni sviluppi riguardanti le donne:

  • Il Darul Uloom Deoband, un bastione del pensiero islamista in India.

    Il Consiglio della Shura dell’Arabia Saudita ha reagito alla crescente indignazione dell’opinione pubblica in merito ai matrimoni in età infantile, fissando la maggiore età a 18 anni. Anche se questo non pone fine alla pratica dei matrimoni in età infantile, è una mossa in direzione dell’abolizione di questa pratica.

  • I religiosi turchi hanno acconsentito al fatto che le donne mestruate frequentino le moschee e preghino accanto agli uomini.
  • Il governo iraniano ha quasi bandito la lapidazione delle adultere.
  • In Iran, le donne hanno ottenuto maggiori diritti per intentare un’azione di divorzio dal proprio marito.
  • Una conferenza di studiosi musulmani in Egitto ha stabilito che la clitoridectomia è contraria all’Islam e, in effetti, punibile.
  • In India, la Darul Uloom Deoband, un’istituzione musulmana chiave, ha emesso una fatwa contro la poligamia.

Tra gli altri sviluppi notevoli, che non riguardano specificamente le donne:

  • Il governo saudita ha abolito la jizya (la pratica di imporre ai non musulmani una tassa religiosa).
  • Un tribunale iraniano ha stabilito che la famiglia di un cristiano ucciso ricevesse lo stesso compenso previsto per una vittima musulmana.
  • Gli studiosi musulmani presenti a un incontro organizzato dall’Islamic Fiqh Academy a Sharja hanno iniziato a dibattere e contestare che l’apostasia sia punita con la pena morte.

Nadin al-Badir e le prime righe del suo appello a favore della poliandria.

Allo stesso tempo, i singoli riformatori sfornano idee, che pur non essendo state ancora adottate riescono a stimolare il pensiero. Ad esempio, Nadin al-Badir, una giornalista saudita, ha suggerito in modo provocatorio che le donne musulmane abbiano lo stesso diritto degli uomini di sposare fino a quattro mariti. Una proposta simile ha scatenato una bufera, e la giornalista ha ricevuto minacce di azioni legali e di denunce rabbiose, ma ha stimolato un dibattito necessario, impensabile in altri momenti.

Come la sua antesignana medievale, la sintesi moderna rimarrà vulnerabile agli attacchi sferrati dai puristi, che possono indicare come esempio Maometto ed esigere che non bisogna discostarsi da quest’esempio. Ma avendo visto che cosa ha fatto l’islamismo, che sia violento o no, c’è ragione di sperare che i musulmani rifiuteranno di accarezzare il sogno di ristabilire un ordine medievale e si apriranno al compromesso con i costumi moderni. L’Islam non deve essere una mentalità medievale fossilizzata: ma è quello che fanno di esso i musulmani di oggi.

Implicazioni politiche

I musulmani e i non musulmani contrari alla sharia, al califfato e agli orrori del jihad, che cosa possono fare per raggiungere i loro obiettivi?

I musulmani anti-islamisti hanno la grande responsabilità di sviluppare non solo una visione alternativa a quella islamista, ma di creare un movimento alternativo all’islamismo. Gli islamisti hanno raggiunto la loro posizione di potere e influenza attraverso la dedizione e il duro lavoro, la generosità e l’altruismo. Anche gli anti-islamisti devono lavorare sodo, probabilmente per decenni, per sviluppare un’ideologia coerente e convincente come quella degli islamisti, per poi diffonderla. Gli studiosi che interpretano le sacre scritture e i leader che mobilitano i seguaci hanno un ruolo centrale in questo processo.

I non musulmani possono contribuire a dare un impulso a un Islam moderno in due modi. Innanzitutto, opponendosi a tutte le forme di islamismo – non solo l’estremismo brutale di un Osama bin Laden, ma anche i furtivi e legittimi movimenti politici come l’Akp turco. Erdogan è meno feroce di Osama bin Laden, ma è più efficace e meno pericoloso. Chiunque tenga alla libertà di parola, all’eguaglianza davanti alla legge e agli altri diritti umani negati o indeboliti dalla sharia deve costantemente opporsi a qualsiasi accenno di islamismo.

In secondo luogo, i non musulmani dovrebbero appoggiare gli anti-islamisti moderati e favorevoli all’Occidente. Tali figure oggi sono deboli e divise, e hanno di fronte un compito arduo, ma esistono e rappresentano l’unica speranza per sconfiggere la minaccia del jihad globale e della supremazia islamica per poi rimpiazzarli con un Islam che non minaccia la civiltà.

Fonte: L’Islam può essere riformato?: La storia e la natura umana dicono che è possibile :: Daniel Pipes.

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