Lou Reed, quella conversione scandalosa. Che nessuno ha voluto raccontare | Papalepapale.com

 di Pepe Ramone

RamoneNon c’è media piccolo o grande (e non c’è profilo di Facebook) che non abbia parlato della morte di Lou Reed, idolo del “rock maledetto”, icona trasgressiva e decadente, sessualmente ambiguo, incline a vizi e dipendenze, quello che apriva la strada verso il “lato selvaggio”, il drogatissimo cantore di “Heroin”, l’apologeta della New York notturna e delle vie della prostituzione.

Ma questo è solo il Lou Reed che vi hanno voluto raccontare.

Lewis Allan Reed è invece sempre stato difficilmente definibile, e più che esaltare il vizio la sua poetica era quella del dolore della “caduta”, della nostalgia straziante di una purezza edenica, della speranza nell’abiezione, del diamante che brilla nel buio. E la ricerca “spirituale” (alla faccia dei suoi epigoni, dei pataccari, e dei falsari iper-nichilisti e dei suoi detrattori male informati), è sempre stata parte importante della sua opera musicale, come già faceva intuire la tenera supplica “Jesus”[1] dei suoi esordi con i Velvet Underground (il gruppo-manifesto della Pop Art di Andy Warhol, per inciso cattolicissimo).

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Allevato nella borghesia ebraica, sottoposto in adolescenza a trattamenti di elettroshock (che lo portarono ai caustici commenti antisemiti degli esordi) Lou Reed negli anni è stato protagonista di svariate prese di posizione sul versante della spiritualità e delle sue origini ebraiche che ne hanno accentuato l’aura “controversa”. Dall’aforisma stracitato e più calzante – “Il mio Dio è il Rock’n’Roll. E’ una forza oscura che ti cambia la vita. La cosa più importante della mia religione è suonare la chitarra” – fino a tardive “prese di coscienza” (si veda la polemica di “Good Evening Mr. Waldheim” o l’ironica risposta alla domanda se fosse ebreo “Ovvio! Non sono forse i migliori?“), fino alla esibizione nel Giubileo del 2000 con Papa Giovanni Paolo II in platea, o agli approcci con il Tai Chi e il Buddismo Tibetano; Louis Allan Reed restava tuttavia un enigma.

E tutto questo è abbastanza documentato, fino agli ultimi anni, curiosamente coperti da un oscuro silenzio, inframmezzato da dichiarazioni ritenute piuttosto “scorrette”:  «Spetta a noi  fare i poliziotti del mondo? Lasceremo fare agli israeliani? Dice un mio amico che dovremmo prendere Israele e trasferirlo nello Utah: adesso basta, ragazzi, fuori da qui. Insomma: è terribile quello che succede con i palestinesi.»[2]

reedMa c’era evidentemente un altro “lato selvaggio” che per i media globali (mainstream o underground, non fa differenza) risultava definitivamente scandaloso e trasgressivo, quello sì, da tacere, da tenere nascosto… quello che, a sorpresa, emerge da un articolo esclusivo per Dagospia[3] del giornalista Paolo Zaccagnini (amico e confidente di Lou Reed), il quale testimonia di una conversione del caro estinto che non pare granché adattarsi ai clichés e alle icone stantie tanto grate ai vatini di “Repubblica”. Ecco infatti quanto si legge nella sentita testimonianza: «Io anarchico e lui diventato cattolico grazie all’amicizia di padre Riches, che poi lo sposò con l’amata Laurie Anderson. Cattolico tanto da essere padrino di battesimo, a Napoli, del figlio di Davide De Blasio, proprietario dell’antica e prestigosa pelleteria “Tramontano” alla Riviera Di Chiaia».

Diamine. Un notizione!

Confermato da alcune tracce sulla stampa di quel battesimo e dell’amicizia di Reed con quel pellettiere.[4] E sappiamo anche che dal Diritto Canonico si richiede che il padrino “sia cattolico, cresimato, comunicato e di vita coerente alla fede e all’incarico che assume; non sia colpito da pena canonica legittimamente inibita o dichiarata“.

Dunque Lou Reed, il “poeta maledetto”, l’antesignano del punk, con l’aiuto di una guida spirituale (Padre Riches, chi è?) aveva trovato quanto cercava proprio in Cristo, nella Chiesa Romana, nel  matrimonio e nell’amore di una donna (Laurie Anderson, altra icona dell’intelligenzia “radical”, convertita al cattolicesimo). Un assurdo, una storia di redenzione inaccettabile per gli esegeti del nulla. Come sempre «scandalo per i giudei, e follia per i gentili»

Eppure di questa notizia (evidentemente rilevante e che dà luce diversa all’intera vita ed opera dell’artista) non appare traccia nelle migliaia di articoli, ricordi, testimonianze, coccodrilli, ex voto del gotha ciarliero globale, dedito più che mai alla ripetizione di stereotipi guasti, superati e contraddetti dalla Storia, dannosi e detestabili. Per essi giova (e forse è più “funzionale”) raccontare una icona bloccata in un eterno ed immotivato “conformismo della trasgressione”. Per questi la dimensione epica e drammatica dell’opera di Lou Reed equivale all’ottusa fissità antiumana delle sinistre pose di una Lady Gaga.

“Loro”, una élite globale di “pensatori” di pensieri altrui, sempre più colpevolmente disinteressati e distanti dalla Verità.

Fonte: Lou Reed, quella conversione scandalosa. Che nessuno ha voluto raccontare | Papalepapale.com.

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