Lumen fidei

“Penso anzitutto all’unione stabile dell’uomo e della donna nel matrimonio. Essa nasce dal loro amore, segno e presenza dell’amore di Dio, dal riconoscimento e dall’accettazione della bontà della differenza sessuale, per cui i coniugi possono unirsi in una sola carne (cfr Gen 2,24) e sono capaci di generare una nuova vita, manifestazione della bontà del Creatore, della sua saggezza e del suo disegno di amore.” Per la prima volta la firma di Papa Francesco è sotto questa frase che molti nel mondo attendevano. Un pronunciamento sui temi etici, che non sono vuoti moralismi come potrebbe pensare qualcuno e neanche intromissioni nella vita della società civile. Anzi nella sua prima enciclica basata in tutto sugli appunti di Benedetto XVI, Francesco ripete che solo la fede illumina la città degli uomini, che senza Dio l’uomo vive nell’idolatria di se stesso e si allontana dal bene comune.

Pastorale certo il tono del testo “dei due Papi” anche se ovviamente il Papa è uno. Ma anche profondamente teologico e biblico e soprattutto legato alla riscoperta di quella “Luce del mondo” di cui Ratzinger parlò da cardinale e che oggi segna una perfetta continuità nelle parole chiave del lessico di Papa Francesco: confessare, camminare, edificare. Fede e ragione, fede e amore, la presenza di Dio nel mondo, la Chiesa madre unico luogo, tramite i sacramenti, dove vivere a pieno la fede, quella “fiducia” e “affidabilità” che è alla base del movimento di accettazione dell’ Altro. Colui che per primo parla ad Abramo, il Dio persona, la cui voce il patriarca ascolta perché la ritrova come conosciuta nel suo cuore, iscritta fin dalla sua nascita. Una fede che trova compimento in Cristo che compie il suo massimo gesto d’ amore sulla croce, un Cristo già creduto dai Patriarchi che avevano fede nella promessa di Dio, un Cristo che, come ha scritto Benedetto XVI nel suo libro su Gesù, trova casa alle “parole randagie” dell’ Antico Testamento.

Una fede che porta al bene comune in una società che vive una così profonda crisi di fede, cioè di fiducia e affidabilità. Una fede che chiede di essere rafforzata dalla verità e che non “è un rifugio per la gente senza coraggio, ma la dilatazione della vita”, una fede di cui “non vergognarsi”, associata a un riconoscimento pubblico. “Si vuol dire- scrive il Papa- che Dio confessa pubblicamente, con il suo agire concreto, la sua presenza tra noi, il suo desiderio di rendere saldi i rapporti tra gli uomini. Saremo forse noi a vergognarci di chiamare Dio il nostro Dio? Saremo noi a non confessarlo come tale nella nostra vita pubblica, a non proporre la grandezza della vita comune che Egli rende possibile? La fede illumina il vivere sociale; essa possiede una luce creativa per ogni momento nuovo della storia, perché colloca tutti gli eventi in rapporto con l’origine e il destino di tutto nel Padre che ci ama.”

Della presenza della fede nella società hanno parlato il cardinale Marc Ouellet, P.S.S., Prefetto della Congregazione dei Vescovi; Mons. Gerhard Ludwig Müller, Prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede; Mons. Rino Fisichella, Presidente del Pontificio Consiglio per la Promozione della Nuova Evangelizzazione.

Anche Francesco entra nel dibattito pubblico con questa enciclica, che rimarrà sempre il vero momento di passaggio tra i due pontificati e che indica come non ci sia rottura o rivoluzione nel ministero petrino, ma un sereno e forte cammino che la Chiesa segue anche nelle tempeste della storia.

Fonte: Lumen fidei.

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