Mai più dottor morte!

Nella Sala Clementina, lo scorso 20 settembre, Papa Francesco ha incontrato le associazioni dei medici cattolici, proprio il giorno seguente la pubblicazione della ormai famosa intervista apparsa sulla rivista “La Civiltà Cattolica”.

Tre sono i punti di riflessione del breve discorso toccati dal Papa rivolgendosi alla platea:

1) esiste una situazione paradossale della professione medica, un disorientamento culturale, dove per assecondare dei presunti diritti, come l’aborto, non sempre si tutela e si promuove la vita, “il fine ultimo dell’agire medico”. Il Santo Padre a tal proposito cita l’enciclica del suo predecessore Benedetto XVI, la Caritas in veritate, per rammentare che “l’apertura alla vita è al centro del vero sviluppo”.

2) in tale contesto contradditorio la Chiesa si appella alle coscienze per scardinare la diffusa mentalità dell’utile, la cultura dello scarto, per affermare un “sì” deciso e senza tentennamenti alla vita “il primo diritto di una persona”. Il Papa invita a vedere in ogni bambino non nato, il volto di Gesù Cristo, che come il Signore, ha sperimentato il rifiuto del mondo.

3)  e infine il mandato, siate testimoni e diffusori di questa “cultura della vita”, cioè essere strumenti della nuova evangelizzazione, in coerenza con la vocazione cristiana, per contribuire al riconoscimento della dimensione trascendente della vita umana.

Il Santo Padre conclude dicendo che la vita è sempre sacra e inviolabile “non per un discorso di fede – no, no – ma di ragione, per un discorso di scienza!”.

E proprio al termine dell’incontro, il dottor Antonio Oriente, vicepresidente nazionale dell’Associazione dei ginecologi e ostetrici cattolici italiani, riesce ad avvicinare il Santo Padre, gli porge di persona una borsa contenente alcuni strumenti chirurgici. “Un fuori programma dal singolare valore simbolico”, come ha riportato Antonella Mariani su Avvenire del 26 settembre. Infatti quei apparenti innocui ferri chirurgici altro non sono che gli strumenti con i quali fino al 1986 il dottor Oriente procurava l’aborto, ovvero fino a quando non sopravvenne la sua conversione. Quei “ferri” di morte sono il “simbolo della consegna di un passato che più non appartiene ma guarda al futuro con al fianco il Signore della Misericordia. Questo gesto non accusa nessuno ma chiama il male con il proprio nome e contesta in maniera decisiva quella cultura di manipolazione semantica che ha fatto di un delitto un diritto. È un gesto purificante e redentivo non solo per il collega, ma per tutti quelli che aspirano alla vera pace del cuore”. Queste sono le parole di Giuseppe Noia, amico e collega del dottore Oriente e presidente dell’Aigoc, che la giornalista riporta per intero e ne sintetizzano il valore simbolico.

Da quel lontano 1986 è divenuto un testimone e un diffusore della cultura della vita, come ginecologo obiettore, come responsabile di due consultori della sua città, Messina, come “militante” pro-life, tenendo seminari e conferenze, incarnando quel mandato implicito nella missione di medico ricordato dal Santo Padre nel terzo punto di riflessione del suo discorso.

Così ricorda il dottore Oriente quel giorno: “Papa Francesco mi impone le mani, prega per me, prende i ferri mi dà il mandato di evangelizzare pro-vita e di difendere con i miei colleghi la vita stessa, mi promette che pregherà sui ferri chirurgici”.

Fonte: Mai più dottor morte!.

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