MALAYSIA Controversia “Allah”: la polizia interroga p. Lawrence, atti dell’inchiesta alla procura – Asia News

Consegnati al pubblico ministero i verbali dell’interrogatorio al sacerdote e direttore dell’Herald Malaysia. Egli è sotto inchiesta per “sedizione”; nessuna dichiarazione ufficiale per evitare ulteriori polemiche. La controversia varca i confini nazionali: imam statunitense si appella al governo di Kuala Lumpur, vietare l’uso di Allah ai cristiani è un “tragico errore”.

Kuala Lumpur (AsiaNews) – La polizia malaysiana ha consegnato al pubblico ministero i verbali dell’interrogatorio di p. Lawrence Andrew, direttore del settimanale cattolico Herald, finito nel mirino delle autorità per le recenti dichiarazioni sul caso “Allah”. Dagli uffici della procura, intanto, vengono smentite le voci di possibili, nuovi inviti a comparire per il sacerdote, nel mirino delle autorità per aver criticato l’irruzione e il sequestro di centinaia di copie della Bibbia operato dalle autorità islamiche di Selangor. P. Lawrence è indagato con l’accusa di “sedizione”; fonti cattoliche riferiscono che la situazione è “molto difficile”, mentre il sacerdote non intende rilasciare dichiarazioni ufficiali alla stampa per non alimentare ulteriori polemiche. Intanto la vicenda ha varcato i confini nazionali e acceso un dibattito fra i musulmani di tutto il mondo: Muhammad Musri, imam ed esperto di legge islamica con base negli Stati Uniti, si rivolge al governo di Kuala Lumpur invitandolo a concedere l’uso del nome “Allah”. “Sono un esperto di islam – sottolinea – e un imam che ha imparato il Corano a memoria. E sono fermamente convinto che la decisione del tribunale malaysiano [che vieta l’uso ai cristiani, ndr] sia in contrasto con i valori dell’islam” e vada rivisto, poiché si tratta di un “tragico errore”.

Il 7 gennaio p. Lawrence è stato interrogato per due ore dalla polizia di Selangor; al centro del colloquio, le dichiarazioni rilasciate dal sacerdote secondo cui organismi e istituti islamici non hanno diritti né giurisdizione verso enti e associazioni cristiane. Da questo deriva il fatto che il raid compiuto contro la sede della Bms e il sequestro delle Bibbie, come sottolineato nei giorni scorsi ad AsiaNews, è un atto “profondamente sbagliato” e “illecito”. Egli ha inoltre aggiunto che le chiese della regione continueranno a usare il nome “Allah” per definire il Dio cristiano nelle funzioni domenicali, poiché il bando all’uso vale solo per il settimanale cattolico.

Oggi gli investigatori hanno consegnato il fascicolo con i verbali dell’interrogatorio al magistrato titolare dell’indagine. Assieme al sacerdote sono state sentite altre 99 persone; la polizia conferma la chiusura dell’indagine, ora toccherà alla procura valutare le singole posizioni e decidere per l’eventuale rinvio a giudizio. Nel corso del faccia a faccia con i poliziotti, p. Lawrence ha inoltre fornito diverse prove (testi antichi, Bibbie e altro ancora) inerenti all’uso centenario della parola “Allah” da parte dei cristiani.

L’invito a comparire emesso nei confronti di p. Lawrence ha suscitato una vasta eco in Malaysia, anche perché è giunto a pochi giorni di distanza dall’irruzione negli uffici della Bible Society of Malaysia (Bms) di Selangor da parte di funzionari del Dipartimento religioso islamico locale (Jais). Nel corso del raid le autorità hanno sequestrato 320 copie della Bibbia in lingua Malay e prelevato per alcune ore due membri della comunità cristiana, poi rilasciati nelle ore successive.

Il blitz degli islamisti nei locali della società cristiana si inserisce nella diatriba in atto da tempo sull’uso della parola “Allah” per i non musulmani, divampata in seguito allo scontro – giunto fino alle aule del tribunale – fra il direttore del settimanale cattolico Herald e il governo. Nell’ottobre scorso una sentenza della Corte di appello ha di fatto negato al settimanale cattolico diretto da p. Lawrence di usare la parola “Allah” per definire il Dio cristiano; il sacerdote ha fatto richiesta di appello contro la sentenza. All’indomani del verdetto, alcuni funzionari del ministero degli Interni hanno bloccato 2mila copie della rivista dell’arcidiocesi di Kuala Lumpur all’aeroporto di Kota Kinabalu, nello Stato di Sabah. Il sequestro era “giustificato” dalla necessità di verificare se la pubblicazione fosse “conforme” al dispositivo emesso dai magistrati e “non vi fosse un uso illegittimo della parola Allah”.

La vicenda è esplosa nel 2008, quando il governo ha minacciato di revocare il permesso di pubblicazione all’Herald, il più importante giornale cattolico. In risposta, i vertici della Chiesa hanno citato in giudizio l’esecutivo per violazione dei diritti costituzionali. Nel 2009 la decisione del Tribunale di primo grado (Alta corte) dà ragione ai cattolici. La sentenza semina shock e ira fra i musulmani, che considerano la parola di pertinenza esclusiva dell’islam. Nel Paese si scatena un’ondata di violenze, con attacchi mirati contro chiese e luoghi di culto cristiani. Per arginare la deriva estremista, il governo decide di ricorrere in appello. In Malaysia, nazione di oltre 28 milioni di abitanti in larga maggioranza musulmani (60%), i cristiani sono la terza confessione religiosa (dietro ai buddisti) con un numero di fedeli superiore ai 2,6 milioni; la pubblicazione di un dizionario latino-malese vecchio di 400 anni dimostra come, sin dall’inizio, il termine “Allah” era usato per definire Dio nella Bibbia in lingua locale.

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