Mali: come fermare l’estremismo islamico? | ARMAGHEDDO

La situazione in Mali diventa sempre più pesante e dall’esito incerto. Si teme una nuova guerra dell’Afghanistan, che dopo dieci anni tiene ancora impegnati circa 20.000 militari dell’Occidente. L’11 novembre 2012 gli Stati membri della Comunità economica dell’Africa Occidentale (Ecowas) avevano deciso di mandare una missione militare panafricana per liberare le regioni settentrionali del Mali dai gruppi jihadisti. Ma solo il rapido e coraggioso intervento francese ha bloccato l’avanzata degli estremisti islamici verso la capitale Bamako; che però ha avuto una risposta tragica con l’attacco dei ribelli all’impianto petrolifero di Amenas nel deserto algerino ai confini con la Libia e il massacro di ostaggi occidentali.

Il 17 gennaio il vescovo del Sahara, mons. Claude Rault di Laghouat-Ghardaia (Algeria), ha mandato ai suoi fedeli un messaggio nel quale esprime «solidarietà alle popolazioni, agli operai della base di Amenas e agli ostaggi e assicuro il sostegno della mia preghiera e di quella di tutti i membri della nostra diocesi”. Poi aggiunge: “Questa violenza non ha nome, è cieca, inaccettabile, ingiustificabile perché tocca degli innocenti. La riproviamo con tutta la forza delle nostre convinzioni umane e religiose. Dio non vuole la violenza. Non può esserne sorgente e giustificazione. Non facciamo quindi ricadere sui nostri amici musulmani il peso di tali misfatti. Anche loro fanno parte delle vittime. Preghiamo il Dio della Pace che venga a guarire le piaghe vive di chi è nel dolore e nella pena. Che accolga a sé le vittime e rimetta sul retto cammino chi pensa di onoralo commettendo tali orrori”.

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