Mamma, l’ora di religione non mi va, non la fa nessuno… [1]

Considerazioni sull’articolo di Beppe Severgnini

Credo sia il caso di fare un discorso chiaro su questa ormai tanto famosa e contestata “ora di religione” e sull’insegnamento di tale disciplina nella scuola con particolare riferimento, ai contenuti, alla sua metodologia, alla preparazione dei suoi insegnanti, al rapporto con le altre discipline
Ma lasciamo per ora da parte tale problema che, per quanto importante, non è che logica conseguenza della riflessione sulla necessità dell’insegnamento della religione cattolica (IRC): è da questa asserita importanza che consegue la presenza nella scuola italiana di tale insegnamento, il suo rapporto di piena attuazione delle finalità della scuola e quindi il suo necessario e pieno inserimento nel sistema scolastico di cui deve condividere e servire le finalità e le metodologie.
Il Concordato del 1929 così recita all’articolo 36: “L’Italia considera fondamento e coronamento dell’istruzione pubblica l’insegnamento della dottrina cristiana secondo la forma ricevuta dalla tradizione cattolica. E perciò consente che l’insegnamento religioso ora impartito nelle scuole pubbliche elementari abbia un ulteriore sviluppo nelle scuole medie, secondo programmi da stabilirsi d’accordo tra la Santa Sede e lo Stato”.
L’Accordo di revisione dello stesso Concordato sancito con legge 121 del 25 marzo 1985 nell’articolo 9.2 stabilisce, a mio avviso, una continuità ed un orientamento nuovo, quando dice: “La Repubblica italiana, riconoscendo il valore della cultura religiosa e tenendo conto che i principi del cattolicesimo fanno parte del patrimonio storico del popolo italiano, continuerà ad assicurare nel quadro delle finalità della scuola, l’insegnamento della religione cattolica nelle scuole pubbliche non universitarie di ogni ordine e grado”.
Più che evidente la continuità con il passato (la sottolineatura della parola continuità è mia), ma anche da evidenziare il nuovo assetto dell’IRC che viene messo in relazione non con l’istruzione pubblica, ma con il patrimonio culturale del popolo italiano e sempre in rapporto con le finalità della scuola.
Sono due le sottolineature che vanno bene evidenziate: da una parte per chiarire le caratteristiche di un insegnamento che si inserisce nella formazione culturale dell’alunno e dall’altra per distinguere l’IRC dalla catechesi che ha come finalità di formare il credente.
Ma valore culturale del cattolicesimo non significa insegnamento dimezzato o di un generico cattolicesimo che non conosca i suoi aspetti caratteristici e individualizzanti, ma conoscenza precisa nella sua interezza, che comprende fonti, contenuti della fede, aspetti di vita, espressioni di culto e quant’altro è necessario per apprenderlo. E il tutto orientato alle finalità scolastiche che sono di conoscenze di quella specifica cultura italiana, e oggi dovremmo dire europea ed occidentale, che non è possibile spiegare e conoscere in tutte le sue forme (letteratura, arte, musica …) senza il cattolicesimo.
E sempre in quel pianeta così variegato del mondo giovanile è facile cogliere punte non solo polemiche ma piene di acredine e spirito fazioso che risente di una certa ereditarietà e debito verso una cultura laicista e anticlericale annidatasi per lungo tempo nelle nostre aule scolastiche e che fa dire ai giovani “si faccia la chiesa le sue scuole e lì dia i suoi insegnamenti religiosi”.
Vorrei dire e con tutta serenità che non la Chiesa ma lo stesso Stato deve nelle scuole pubbliche avere il coraggio di trasmettere la genuina cultura del popolo italiano che respira cristianesimo e cattolicesimo in specie da tutti i suoi pori.
Anche espressioni di dissenso e di contrasto con il cattolicesimo non si possono comprendere senza il confronto con quella matrice culturale che viene contestata.
A ognuno il suo compito: alla Chiesa quello di far crescere nella fede una comunità nazionale che oggi stenta a riconoscere nel cattolicesimo la sua identità e che, perdendo il senso di quella precisa qualifica, necessita di una nuova evangelizzazione, allo Stato invece l’impegno di non far perdere traccia di quelle radici che ogni tanto emergono dal terreno roccioso e che sono ben profonde e affondano ancora per metri nel terreno sottostante.

Fonte: Mamma, l’ora di religione non mi va, non la fa nessuno… [1].

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