Mancava solo Augias, il “postino” di Repubblica | La Nuova Bussola Quotidiana

di Luigi Santambrogio 23-01-2015

Gentile Augias, perché i cattolici si ostinano a difendere la “famiglia naturale”?  Cara Grazia, e io che ne so? La famiglia può «essere un nido d’amore o un nido di vipere, certe volte funziona certe altre no, ci sono genitori esemplari e genitori irresponsabili eccetera». Surreale, comico e post moderno il Corrado che su Repubblica risponde a una immaginaria lettrice che la mena contro quelli che vogliono imporre il modello unico di famiglia, quello fondato su babbut, mammut e filiut.

Signora mia: non ci sono più le coppie di una volta, risponde uno svogliato Augias, oggi la famiglia è cangiante, multicolor come l’arcobaleno e multitasking come una BB Cream. E allora basta discutere dell’isola che non c’è. Meglio fare la pelle a quelli che si ostinano a difenderla, come i cattolici che a Milano hanno organizzato quell’orribile convegno. Grazie al quale, scrive il dottore, oggi non sappiamo niente di nuovo sulla famiglia, ma «qualche cosa di più sul movimento Comunione e Liberazione sui suoi sentimenti profondi, sul suo stare nel mondo».

Che c’entra Cl con il convegno lombardo? Niente, ma non importa. Del resto, anche le risposte che Augias regala quotidianamente ai suoi lettori hanno poco a che vedere con la realtà. Soprattutto quando tratta di religione, Chiesa e Papa, la sua ignoranza è grande e grossolana come una caserma. Per lui Gesù aveva un sacco di fratelli e sorelle, santo Stefano fu fatto fuori dai cristiani e la Vergine Maria non era certo una ragazza immacolata. Pur dare addosso alla Chiesa oscurantista, promosse l’esoterico Giordano Bruno a uno dei massimi geni della scienza occidentale. Corbellerie che gli valsero il titolo di “cucuzzaro” da parte del quotidiano Avvenire. A causa sua e del suo vezzo di copiare brani facendoli passare come suoi, La Repubblica si beccò il simpatico nomignolo di “Ripubblica”. Scaricato perfino dal teologo ateo Vito Mancuso, venne rinchiuso dal direttore nello stanzino della posta del cuore, a rispondere ai lettori. Da dove continua a sparacchiare le sue castronerie da tuttologo à-la-carte.

La sua rubrica è una piscina dove il pensoso messia si tuffa a bagnomaria nel caldo brodo di immagini scontate, frasi fatte, locuzioni in saldo, banalità sesquipedali, osservazioni insulse (copyright del Foglio). Dunque, ieri è toccato a Comunione e Liberazione: un movimento che offre riparo a un sacerdote pedofilo, ricorda il dottor lapalisse, «severamente redarguito dalla sua Chiesa per abusi sui minori» (Mauro Inzoli, presente al convegno come gli altri tremila liberi cittadini). Guidato da esagitati leader che dal palco tolgono la parola a indifesi studenti. «Mi ha colpito» scrive il rispondilettere repubblichino, «il clima di violenza trattenuta che «lo studente Angelo Antinoro ha fatto emergere quando ha tentato di parlare. Sentire un ex ministro come La Russa gridargli più volte culattone, vedere chi sedeva alla presidenza apostrofarlo con ira: “Sei venuto qui a rompere le balle”, è stato illuminante. Sono atteggiamenti che nessuno dovrebbe avere, tanto meno dovrebbe averli chi si dice cattolico, per di più appartenente o vicino a un movimento che si intitola nientemeno Comunione e Liberazione». Già, nientemeno, ma per Augias è fin troppo.

Beh, l’ispettore Clouseau del giornalismo d’inchiesta non è uso a verificare le panzane che il suo giornale gli rifila a titolo gratuito, così come non gliene importa nulla se il suddetto ex ministro abbia smentito di aver pronunciato quell’insulto.Tanto meno s’accorge che il “trattenuto” Angelo altro non era che un agent provocateur con telecamera al seguito per conto non della Pantera rosa ma delle Iene di Mediaset. E perché dovrebbe? Gli basta impartire la sua educata lezioncina a quei maneschi di ciellini: «Se mai appartenessi a quel movimento chiederei subito di organizzare un convegno per studiare come poter comunicare con chi ha idee diverse e soprattutto come potersi liberare, ma davvero, delle aggressività primordiali». Beh, inutile ripetere che Cl con quel convegno c’entra niente, con Augias la verità non funziona: in lui l’impulso a camuffare e mentire è istinto primordiale.

Ma che Paese civile è questo, si chiedeva l’altro giorno Marcello Veneziani sul Giornale, «che non è in grado di sopportare due idee divergenti sulla famiglia e sui diritti civili, perché deve subito demonizzarne una e squalificarla a priori? E che informazione domina se si depistano eventi e fatti attraverso episodi marginali?». Già che Paese è? Semplice, è quello dei torquemada alla Augias e dei pretoriani di Repubblica che per due settimane hanno cannoneggiato su quel convegno in modo miserabile, per cercare di bloccarlo e intimorire i partecipanti. L’ultimo sfregio l’hanno affidato al professor Augias, Cavaliere di gran croce (lo è davvero) che quando c’è da turlupinare i lettori non si tira mai indietro.

Un master sulla comunicazione? Potrebbe tenerlo lui, anche se, più che a comunicare, è imbattibile a spiare. Come quando, tra il 1963 ed il 1967 con il nome in codice “Doinat” passava informazioni alla Stb, la polizia segreta cecoslovacchia.  Allora era un giovane giornalista spedito dalla Rai a New York a  piazzare negli Usa i programmi culturali preparati a Roma. Oggi è uno stimato scrittore, opinionista e raffinato postino per il primo quotidiano italiano. Sempre, però, con il vizietto della delazione (perlopiù falsa e bugiarda). Che volete, anche per il Cavaliere di Repubblica il primo amore non si scorda mai.

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