Mentre il governo centrale discute sull’abolizione del sistema della “rieducazione tramite il lavoro”, la cronaca cinese riporta casi agghiaccianti di violazioni ai diritti umani. Lo conferma la storia di Chen Qingxia (v. foto), moglie di un malato mentale divenuta lei stessa disabile a causa delle violenze subite mentre cercava di ottenere giustizia dalle autorità centrali per gli abusi subiti. La storia è stata raccontata alla China National Radio e confermata persino da un funzionario del Dipartimento di propaganda, che tuttavia ha cercato di modificarne i particolari.
Le disgrazie di Chen iniziano nel 2003 quando il marito, in cura presso un ospedale psichiatrico, viene condannato ai campi di lavoro (laojiao) per aver danneggiato un pezzo di ferrovia. Dopo la condanna, il campo si rifiuta di ospitare l’uomo per i suoi problemi psichiatrici e lo rimanda all’Ufficio di pubblica sicurezza di Yichun – nell’Heilongjiang – dove la famiglia vive. Chen si accorge di diverse ferite sul corpo del marito e teme per la sua salute mentale, molto peggiorata dopo questo viaggio. Poche settimane dopo verrà dichiarato schizofrenico e internato in un ospedale psichiatrico, una pratica molto comune usata dal regime comunista per mettere a tacere voci scomode.
Da questo momento, la donna cerca di ottenere giustizia presso il governo centrale tramite il sistema delle petizioni. Si tratta di una forma prevista e difesa dalla Costituzione cinese: se un qualunque cittadino ritiene di aver subito un torto da parte delle autorità locali, può chiedere al governo centrale di intervenire. Visto l’enorme numero di casi, i funzionari minori – spesso corrotti e deviati nella gestione della giustizia e della sicurezza locale – fanno di tutto per fermare chi vuole portare la propria petizione a Pechino.
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