Manifesto di reazione cristiana, ma non è un vescovo – [ Il Foglio.it › La giornata ]

Gran discorso di un governatore della Louisiana che non assiste supino alla marginalizzazione della chiesa nell’America laicista di Obama. Dove i cattolici si neutralizzano

*Pubblichiamo il testo integrale del discorso sulla libertà religiosa che il governatore repubblicano della Louisiana ha tenuto giovedì scorso presso la biblioteca dedicata a Ronald Reagan, in California.

Di recente ho parlato in termini molto negativi dei disastrosi effetti della riforma sanitaria, mi sono espresso sul disperato bisogno che abbiamo di riformare il sistema di istruzione, ho detto chiaramente che la nostra patria ha la tremenda urgenza di tornare al concetto della crescita economica che il presidente Reagan aveva perorato in modo incredibile. Queste sono questioni di importanza capitale, essenziali per il futuro dell’America. Stasera però, ho intenzione di parlarvi di un argomento completamente diverso, un argomento che potrebbe sorprendervi. Stasera vorrei fare un discorso che non ho mai fatto prima, vorrei parlare di un argomento nascosto appena sotto la superficie, vorrei parlarvi della guerra silenziosa alla libertà religiosa.
Non riesco a pensare a un luogo più adatto della Ronald Reagan Foundation and Library per questo discorso. Lo stesso presidente Reagan ha detto che “la libertà non è prerogativa esclusiva di pochi prescelti, è il diritto universale di tutti i figli di Dio”. Quando lo disse, non esprimeva un credo strettamente personale nella natura dell’uomo in quanto essere creato, in quanto figlio di Dio. Stava riaffermando il contenuto basilare della fondazione dell’America, esposta nella dichiarazione d’indipendenza, cioè che siamo una nazione costituita in conformità alle “leggi della natura e della natura di Dio,” e che siamo un popolo “a cui il Creatore ha donato alcuni Diritti inalienabili”.
Permettetemi di fare chiarezza: la fonte e la giustificazione dell’esistenza stessa degli Stati Uniti d’America è ed è sempre stata dipendente dalla concezione dell’uomo come essere creato, con un Creatore che gli ha donato diritti intrinseci “fra i quali la vita, la libertà e la ricerca della felicità”. Il modo in cui concepiamo e accostiamo quel Creatore è giustamente lasciato ai cuori ed alle coscienze di ogni cittadino. Sono un cristiano cattolico. I miei genitori sono induisti. Mi ritengo fortunato, perché conosco battisti, ebrei, episcopaliani, presbiteriani, e molti altri protagonisti del ricco quadro delle fedi americane. E conosco uomini e donne che non riconoscono alcuna denominazione o alcun credo, confessano la loro incertezza riguardo al divino, eppure ammirano la ricchezza della natura e la maestà di questo mondo, e si domandano chi sia l’Autore di tutto questo, e privatamente lo ricercano.
In questi giorni pensiamo che tale diversità di credo sia tollerata, ai sensi della nostra legge e della nostra Costituzione. Eppure sbagliamo. Tale diversità è il fondamento della nostra legge e della nostra Costituzione. L’America non sostiene e crea la fede. E’ la fede che ha creato e che sostiene l’America. Il presidente John Adams, nel 1798, scrisse ai miliziani del Massachusetts per ricordare loro che “la nostra Costituzione è stata creata solo per persone morali e religiose. E’ totalmente inadeguata a governare qualsiasi altro tipo di persona”. Nel 1798, quest’idea era semplice buonsenso. Nel 2014, siamo costretti ad affrontare un problema che sarebbe stato inimmaginabile per il presidente Adams. E per il presidente Washington, e per il presidente Reagan, e per qualsiasi altro americano nella storia che abbia creduto nella premessa fondante dell’America.
Cosa succede quando il nostro governo decide di non aver più bisogno di “persone morali e religiose?”. Al giorno d’oggi il popolo americano, che ne sia consapevole o meno, è preso di mira da una guerra silenziosa. Essa minaccia il tessuto delle nostre comunità, la salute delle nostre pubbliche piazze, la resistenza della nostra governance costituzionale.
E’ una guerra contro le affermazioni contenute nella dichiarazione d’indipendenza. E’ una guerra contro lo spirito che ha motivato l’abolizionismo. E’ una guerra contro la fede che ha motivato il movimento per i diritti civili. E’ una guerra contro lo spirito di innumerevoli atti di beneficenza. E’ una guerra contro la consapevolezza che guida il cambiamento sociale. E’ una guerra contro il sentimento che ci lega al prossimo. E’ una guerra contro la parte migliore dell’America, contro i momenti migliori dell’America. E’ una guerra – una guerra silenziosa – contro la libertà religiosa. Questa guerra viene condotta nei nostri tribunali e nelle sale del potere politico. E’ perseguita con determinazione severa e implacabile da un gruppo di élite concordi, determinate a trasformare la nazione da una terra sostenuta dalla fede, in una terra dove la fede è messa a tacere, privatizzata e circoscritta.
La loro visione dell’America non è la visione dei Padri fondatori. Non è neppure la visione di dieci anni fa. E’ una visione nella quale alla devozione individuale nei confronti del Dio onnipotente si concede lo stesso rispetto che si concede a un hobby occasionale, più o meno con gli stessi diritti e protezioni. Queste élite hanno finora dovuto affrontare ben poca opposizione, ora un’organizzazione non profit, ora un avvocato zelante, ora una piccola azienda. Una manciata di organizzazioni di sani princìpi con il coraggio di ribellarsi al peso schiacciante del consenso liberal, contrario alla loro partecipazione al dibattito pubblico. Sono quei “reduci” che hanno la temerarietà di credere nell’America e nelle sue premesse fondanti, e di fare qualcosa per proteggerle.
Alla fine, ogni persona vuole vivere seguendo i propri princìpi. E la promessa fondamentale in America è che lo possiamo fare. Quando non possiamo, quando ci dicono che la nostra fede e la nostra coscienza sono nocive alla buona governance e alla legge, allora non stiamo semplicemente affrontando una minaccia alla nostra fede e alle nostre coscienze. Siamo davanti a una minaccia all’idea stessa di America. E questa è, per definizione, una minaccia esistenziale.
Margaret Thatcher ha detto: “L’Europa è stata creata dalla storia. L’America è stata creata dalla filosofia”. Le élite secolarizzate lo capiscono quanto lo aveva capito lei. E sanno bene che per prendere possesso dell’America, devono dichiarare guerra a tale filosofia. La guerra silenziosa è la vera corrente sotterranea che crea dibattiti politici in tutta una serie di aree riguardanti le politiche da adottare. Ma perché questa guerra sta avendo luogo? Cosa significa per la nazione, e per le persone di fede? Perché rappresenta una sfida fondamentale alla nostra identità di americani e alla storia eccezionale che ha reso così grande la nostra nazione?

Vorrei declinare per voi oggi le risposte a tali domande, e proporvi poi alcuni princìpi chiave che dovrebbero portare alle soluzioni adatte a porre fine a tale guerra, in modo pacifico e nel rispetto di tutti. Consideriamo tre avvenimenti che hanno avuto luogo negli stati e alla Corte suprema negli ultimi anni, in tre aree differenti eppure con effetti sovrapponibili. Primo: la libertà di esercitare la propria religione anche nell’esercizio della propria attività, grande o piccola che sia, è sotto attacco. Probabilmente avrete sentito parlare del caso intentato dall’Amministrazione Obama nei confronti di Hobby Lobby, un’enorme catena a gestione familiare, la cui battaglia contro il mandato per la contraccezione del presidente Obama è all’attenzione della Corte suprema. La catena ha fatto ricorso dopo essere stata minacciata con una multa da 1,3 milioni di dollari al giorno in caso di mancato pagamento dei medicinali abortivi ai dipendenti attraverso l’assicurazione. Hobby Lobby è una storia di successo del tutto americana. La società a proprietà familiare ha aperto in Oklahoma nel 1970, partendo da un prestito di 600 dollari e un laboratorio in un garage. Nulla di più. Oggi hanno 588 negozi in 47 stati. Hanno più di 13.000 impiegati a tempo pieno.
Si sono espansi, diversificandosi fino a creare un negozio di articoli religiosi che vende Bibbie e oggetti per la casa, aprendo altri 35 negozi in 7 stati, con circa 400 impiegati aggiuntivi. Parliamo di imprenditorialità nella sua massima espressione, di un’azienda di proprietà familiare che è partita da un garage e 600 dollari ed è arrivata a due compagnie che impiegano circa 14.000 persone.
In tutto ciò, Hobby Lobby non ha mai abbandonato i princìpi guida dei suoi devoti fondatori. La loro dichiarazione d’intenti inizia con un versetto della Bibbia, e sono chiusi la domenica. Si impegnano a onorare il Signore essendo datori di lavoro generosi, pagando ben oltre il minimo sindacale; hanno aumentato gli stipendi per quattro anni di fila, persino nel mezzo di una recessione. La famiglia si è anche impegnata a donare la maggior parte dei suoi beni in opere di carità. Questa è esattamente la definizione di come dovrebbe essere un imprenditore fedele. Niente di tutto ciò ha importanza per l’Amministrazione Obama. La tesi da loro avanzata, e che finora ha riscosso successo, è che il proprietario di un’azienda per quanto religioso non possa agire usando i propri princìpi morali come guida nelle spese aziendali. Secondo le tesi legali dell’Amministrazione, i proprietari di Hobby Lobby non sono quindi protetti dalla “libertà di esercizio” della clausola religiosa del Primo emendamento.
Quella è la parte del Primo emendamento che stabilisce che “il Congresso non possa promulgare alcuna legge che proibisca il libero esercizio” della religione. L’Amministrazione Obama e il procuratore generale, Eric Holder, sostengono ciò perché “Hobby Lobby è un datore di lavoro non religioso, un’impresa che fa profitti e un’entità secolare per definizione non esercita la religione”. Un giudice federale si è dichiarato d’accordo: dato che Hobby Lobby è un’azienda “secolarizzata”, non ha alcun diritto di essere guidata dal credo religioso dei suoi proprietari. Tenete a mente che i Green non affermavano che le cosiddette “pillole del giorno dopo” fossero illegali, o proibite, e non facevano alcunché per evitare che i loro impiegati comprassero autonomamente tali pillole. Semplicemente, avevano un serio problema nel pagare qualcosa che vedevano come intrinsecamente contrario al loro credo così fortemente radicato. La tesi dell’Amministrazione Obama ignora tale credo, e lo tratta come se fosse qualcosa in più di un inconveniente all’interno del piano di progressiva espansione dello stato normativo. La tesi dell’Amministrazione cozza contro il centro della nostra concezione di diritto al libero esercizio della religione. Questo caso potrebbe avere ramificazioni inimmaginabili per le persone religiose che possiedono aziende in tutta la nazione.

Altre decisioni in materia paiono arbitrarie e legalistiche: un giudice ha recentemente decretato che Tyndale House, casa editrice di Bibbie da tempo immemore, non è un’azienda secolarizzata. Essere un editore di Bibbie significa che puoi richiedere la protezione religiosa, mentre vendere Bibbie non te lo permette? Forse dovremmo iniziare tutti a stampare Bibbie, per poter essere protetti. Sotto Obama, il presidente e i suoi alleati stanno intenzionalmente perseguendo la strada del conflitto, partendo dal presupposto che nel momento in cui avvii un’attività devi immediatamente sacrificare le tue credenze più sacre e profonde al governo. Hai la protezione del Primo emendamento come individuo, certo, ma nel momento in cui fondi un’azienda scordati quella protezione.
E questo ci porta al secondo fronte della guerra silenziosa: l’assalto alla nostra libertà di associazione in quanto persone di fede, per creare organizzazioni dove lavoriamo assieme ad altri per poter condividere le nostre idee. E’ il caso di Hosanna-Tabor, che riguardava la possibilità per un’accademia luterana del Michigan di licenziare un docente. Qui l’Amministrazione Obama ha avanzato un’altra tesi estrema, cioè che la normativa sul lavoro proibisca all’accademia di licenziare qualsiasi persona per una differenza di credo. I procuratori dell’Amministrazione Obama sono andati ben oltre il caso, avanzando l’assurda posizione che non esiste alcuna eccezione ministeriale generale, dichiarando che i gruppi religiosi non hanno neppure il diritto costituzionalmente garantito di selezionare i loro ministri o rabbini.
Per fortuna, in questo caso la posizione estrema dell’Amministrazione è stata rifiutata dalla Corte suprema in modo netto, con un voto unanime contro tale prospettiva. Si deve proprio aver preso una deriva assurda per far andare d’accordo Elena Kagan e Samuel Alito. Quindi, almeno per ora, il governo non ha l’autorità di decidere chi può predicare il Vangelo. Ma la cosa davvero importante da considerare è che il governo avrebbe voluto tale potere. E questo è davvero offensivo, per non dire spaventoso. L’Amministrazione ha avanzato questa tesi estrema perché è coerente con la visione di molti, a sinistra, particolarmente gli studiosi di legge appartenenti alle élite liberal, che sostengono che il dio che dobbiamo venerare per primo sia il governo, e che i nostri diritti sono dispensati da Washington a suo piacimento.

Questa stessa tesi viene avanzata addirittura contro gli ospedali cattolici e contro i fornitori di servizi di adozione, e contro altre organizzazioni che hanno una visione del mondo fortemente radicata e vogliono, semplicemente, che chi lavora per loro condivida tale visione. L’offensiva a suon di cause legali basate sulla legge anti discriminazione porterà inevitabilmente a conflitti che danneggiano in ultima istanza la nostra società. Ma questi casi sono solo l’inizio. C’è una minaccia ancor più grande, che ci porta al terzo fronte della guerra silenziosa: l’assalto alla vostra libertà di espressione in qualsiasi ambito della vita.
Considerate gli innumerevoli casi contro pasticcieri, fotografi, fornitori di servizi di catering e consulenti matrimoniali che hanno credenze religiose che impediscono loro di prendere parte a cerimonie di matrimonio fra persone dello stesso sesso. La Suprema corte del New Mexico ha decretato in agosto che una piccola azienda, la Elane Photography, ha violato lo Human Rights Act dello stato rifiutandosi di fotografare un matrimonio fra presone dello stesso sesso. Nella sentenza, il giudice ha informato i fotografi cristiani che venivano multati che erano “obbligati dalla legge a scendere a compromessi con il credo ultimo religioso che ispira le loro vite” perché tale è “il prezzo della cittadinanza”. Tale assalto è destinato esclusivamente a diffondersi nell’immediato futuro. Assisteremo a una pressione continua su chiunque “si rifiuti” di essere penalizzato, di vedersi negato l’accesso a gruppi professionali o di vedersi rifiutare licenze, tutto per la propria visione del mondo. Molti stati hanno considerato tali problemi alla luce dell’attuale battaglia legale sulle leggi riguardanti il matrimonio. Ma tale pressione non si fermerà a fotografi e pasticceri,  verrà esercitata su chiese, moschee e anche sinagoghe.

L’Illinois ci dà un’anticipazione di ciò che accadrà. Nella legge da loro proposta per modificare la definizione di matrimonio, avrebbero richiesto alle chiese e alle altre congregazioni di chiudere le loro porte agli estranei, di smettere di fornire servizi alla comunità, e di non dare le loro strutture ad altre organizzazioni non profit o ad altre chiese, per evitare di ricevere richieste di ospitare cerimonie di matrimonio fra persone dello stesso sesso. La legislazione dell’Illinois avrebbe comportato un livello di supervisione governativa senza precedenti, ad esempio spedire rappresentanti governativi a fare un’indagine fra gli studenti delle scuole cattoliche per vedere quanti fossero davvero cattolici. Non permetterebbero a istituzioni religiose di affittare le loro strutture a chi non è membro per i matrimoni. Porterebbero le chiese ad eliminare le attività, le scuole diurne, i servizi di counseling, le mense dei poveri e molto altro. In altre parole, questa legge e altre leggi come questa imporrebbero ai credenti di scegliere, essenzialmente, di rompere con il loro credo teologico più profondo, o di abbandonare le loro attività quotidiane di evangelizzazione, di ritirarsi dalla vita pubblica, di sacrificare i loro diritti di proprietà. Alle chiese che non ospitano matrimoni fra persone dello stesso sesso sarebbe in pratica proibito di partecipare appieno alla società civile.
Questo è il prossimo passo dell’assalto, ed è solo l’inizio. Al giorno d’oggi, la stragrande maggioranza di quelli che appartengono a una religione in America – e parliamo di più di metà della nazione – sono membri di organizzazioni che affermano la definizione tradizionale di matrimonio. Tutte queste denominazioni saranno oggetto di attacco in vari gradi nel corso dei prossimi anni. Le chiese in America riusciranno mai a rimanere parte della scena pubblica, in un momento nel quale le loro idee sul peccato sono in diretto conflitto con la cultura, e quando l’espressione di tali idee sarà vista come un tentativo di mascherare l’hate speech dietro alla protezione religiosa? Come in Canada, dove le leggi sull’hate speech costringono i tribunali a discernere se la citazione dei versetti della Bibbia sia una violazione “delle regole sui diritti umani”, rinunciare ai vostri diritti di espressione religiosa potrebbe, come ha detto il giudice del New Mexico, essere semplicemente “il prezzo della cittadinanza”.

Questa guerra alla libertà religiosa – alla vostra libertà di esercitare la religione, alla vostra libertà di associarvi, alla vostra libertà di espressione – non farà altro che continuare. Continuerà a causa di un’idea, di un concetto spericolato al quale apparentemente il presidente Obama crede: che la libertà di religione coincida con la libertà di culto, e basta. In questo concetto distorto e non americano di libertà religiosa, i vostri diritti iniziano e finiscono sulle panche della chiesa. Per quelli che fra noi credono in un mandato più grande, questa idea è ovviamente sciocca. Il presidente suggerisce che il diritto di pregare e il diritto a evangelizzare e a praticare liberamente siano la stessa cosa. Non lo sono, e non sono ciò che viene chiaramente protetto dal Primo emendamento: la libertà di praticare la nostra fede e di proteggere le nostre coscienze, anche se quelle attività non accadono all’interno delle quattro mura che delimitano una chiesa. Abbiamo il diritto di praticare la nostra fede e di proteggere la nostra coscienza, non importa dove. La visione limitata di Obama sulla libertà religiosa ha portato la sua Amministrazione a dichiarare che le persone di fede non possono nemmeno scegliere i loro ministri del culto. E’ ciò che ha guidato l’Amministrazione a costringere i credenti a smettere di gestire le loro attività seguendo il loro credo. Ed è ciò che ha spinto i legislatori dell’Illinois a cercare di guidare le organizzazioni religiose fuori dalla scena pubblica. E questi sono solo gli esempi più lampanti e conosciuti. Queste battaglie sulla libertà religiosa si combatteranno in futuro su tutto, dalle licenze pubbliche alle battaglie normative per i procedimenti di divorzio.
Cosa si può fare in proposito? Che strada possiamo seguire per porre fine a questa silenziosa guerra contro le persone di fede? Come possiamo reagire alle sfide alla nostra libertà religiosa, che hanno portato i Padri pellegrini sulle nostre coste? Credo che la risposta inizi dagli stati. I governatori e i legislatori in tutta la nazione si devono imbarcare in uno sforzo nazionale a livello statale, per proteggere i diritti dei credenti di tutte le fedi. Oggi, moltissimi stati hanno già protezioni per la libertà religiosa più forti di quelli dati dalla Costituzione federale. Alla vigilia della battaglia sul Religious Freedom Restoration Act, un certo numero di stati hanno implementato protezioni della libertà religiosa, che adottano standard molto severi nelle costituzioni statali, attraverso emendamenti o decisioni giuridiche. Il Kansas e il Kentucky sono gli stati che più recentemente hanno approvato riforme bipartisan – con il supporto del governatore Sam Brownback e scavalcando il veto del governatore Steve Beshear – che richiedono una prova di interesse governativo stringente prima che una qualsiasi legge statale o locale possa agire in opposizione del credo religioso. Queste leggi sono un buon inizio, ma necessitiamo che ce ne siano di più. Dobbiamo conservare nelle nostre leggi statali una protezione legale per le chiese, per le organizzazioni religiose, per i credenti individuali. Nessuna chiesa, nessuna organizzazione affiliata a una chiesa, nessun individuo la cui attività è gestita in modo coerente alla propria fede deve essere obbligato dallo stato a compiere azioni in conflitto con la religione. Nessuno dovrebbe essere punito legalmente per come trattano gli accordi matrimoniali al di fuori degli insegnamenti della loro fede.
Il trattamento dei farmacisti è un buon esempio di mediazione ampiamente accettata, che dovrebbe essere estesa ad altri percorsi professionali. Molti credenti che lavorano come farmacisti non sono a loro agio nel firmare ricette per medicinali abortivi o per il controllo delle nascite. Come società, abbiamo accettato che il farmacista possa passare la vostra richiesta a un altro collega, per non essere quello che compila l’ordine richiesto. Ecco quello che una società sana protegge, e quello che la tolleranza richiede. Dobbiamo espandere tale protezione ad altre aree di lavoro, e proteggere i diritti dei credenti di praticare la loro fede, in tutte le arene lavorative.

Dobbiamo anche mantenere una certa prospettiva in questa guerra silenziosa. E’ un momento difficile per essere una persona di fede in America, certo. Ma consideriamo la situazione drammatica per i credenti nel mondo d’oggi. Nazione dopo nazione, i cristiani sono uccisi da estremisti islamici per il loro credo. E’ un momento di enorme sconvolgimento in medio oriente, dove a causa del vostro credo la vostra chiesa può essere bruciata, i vostri figli rapiti, o potete trovarvi con una pistola puntata addosso.
Dietrich Bonhoeffer ha scritto che “la croce è sulle spalle di ogni cristiano. Inizia con la richiesta di abbandonare i collegamenti con questo mondo… quando Cristo chiama un uomo, lo esorta ad andare a lui e morire”. E al giorno d’oggi, nel mondo, moltissimi cristiani stanno vivendo tale chiamata. E’ una guerra armata contro la religione, non una guerra silenziosa. Qui, in America dovremmo essere grati del fatto che le leggi e i princìpi messi in atto dai Fondatori, da uomini come George Mason e James Madison e Patrick Henry, che capivano l’importanza della libertà di religione, siano durati così a lungo. Sono la ragione per la quale l’America è riuscita ad avere un successo senza pari, e sono quegli stessi princìpi che dovrebbero portarci ancora più avanti: princìpi che capiscono che il potere deriva dalle persone, non dal governo.
Calvin Coolidge lo aveva capito a suo tempo: “Viviamo in un’età di scienza e di abbondanza di cose materiali. Eppure queste non hanno creato la nostra Dichiarazione. La nostra Dichiarazione le ha create. Le cose dello spirito vengono per prime. Se non ci aggrappassimo ad esse, tutta la nostra prosperità materiale, per quanto immensa possa apparire, si trasformerebbe in uno sterile scettro nelle nostre mani”. Le cose dello spirito vengono effettivamente per prime. Dobbiamo agire, e agire adesso, per proteggerle. Per qualcuno la tentazione è quella di chiedere una tregua in queste difficili battaglie; ma in termini pratici, una tregua porterebbe solamente all’abbandono delle armi da parte di chi attribuisce valore alla libertà religiosa. La nostra libertà religiosa è stata vinta nel corso di persecuzioni e sangue, e non dovremmo arrenderci senza lottare.
Sia chiaro: la guerra per la libertà religiosa è una guerra per la libertà di parola, e senza la prima non vi è la seconda. Se dessimo al governo il potere di scegliere quale teologia è accettabile e quale invece è punibile per legge, avremmo dato al governo un controllo più ampio sulle nostre vite e sulla libertà religiosa delle future generazioni mai sperimentato prima. E abbiamo rifiutato per principio la prospettiva di un posto speciale per la religione nella nostra società, che ha gettato i semi per i movimenti che hanno dato termine alla schiavitù, hanno conquistato i diritti civili, e hanno portato alla rivoluzione americana.
Questa è una battaglia che nessuno di noi avrebbe voluto combattere, ma è una battaglia nella quale siamo chiamati ad intervenire, e dovremmo farlo con gioia, con i nostri cuori e le nostre menti rivolti al bene superiore.

Alcuni brevi pensieri finali. Primo, permettetemi di essere chiaro su una cosa. Potete essere d’accordo o meno con la chiesa cattolica sull’argomento della contraccezione, e senza dubbio molti americani non lo sono. Potete considerarvi pro life o pro choice, gli americani si dividono più o meno equamente sulla questione. E potete essere in favore della protezione del matrimonio tradizionale fra un uomo e una donna, o potete essere in favore del matrimonio omosessuale legalizzato.
Se facessimo un sondaggio su tali questioni in questa stanza, ci ritroveremmo di certo con una varietà di vedute. Nessuna delle quali rilevante ai fini di ciò che ho detto in questo discorso. La nostra libertà religiosa infatti non può essere in alcun modo legata alla mutevole opinione del pubblico. Al contrario, dobbiamo capire che la nostra libertà di coscienza protegge tutti gli americani da qualsiasi lusinga, in qualsiasi modo tale lusinga possa evolvere.
Secondo, è fuori di dubbio che gran parte degli attacchi alla religione da parte dell’Amministrazione Obama siano rivolti ai conservatori cristiani. Ma il fatto è che le nostre libertà religiose sono state ideate per proteggere le persone di ogni fede.
E vi faccio notare che, mentre io mi sono descritto come cattolico evangelico, la mia famiglia estesa è abbastanza differenziata quando si parla di fede. E le libertà in America richiedono uguale protezione per tutti.
Terzo, per quelli di voi che seguono la cultura pop, avrete forse notato il recente trambusto fra la famiglia Robertson, rinomata per “Duck Dynasty”, e il Network A&E che produce lo show “Duck Dynasty”. E potreste anche aver osservato che uno dei difensori più aggressivi e accalorati della famiglia Robertson era proprio il governatore della Louisiana.
Potete pensare che difendessi i Robertson semplicemente perché sono il governatore del loro stato, il grande stato della Louisiana. Vi sbagliereste. Li ho difesi perché avevano tutti i diritti di esprimere la loro opinione, per quanto indelicatamente abbiano deciso di farlo. Ovviamente, la A&E è un’azienda e può scegliere cosa mandare in onda.
Ma c’era qualcosa di più grande in ballo. C’è stato un tempo nel quale i liberal di questa nazione credevano nel dibattito. Eppure questo è sempre meno il caso per la sinistra moderna in America. No, la sinistra moderna americana si è stufata del dibattito. Ha una nuova strategia: mettere  a tacere chi li critica. Quindi si è immediatamente mossa e ha fatto tutto quello che poteva non per dibattere la questione, ma piuttosto per mettere la museruola ai Robertson.

C’è stato un tempo nel quale la sinistra predicava la tolleranza. Ebbene, sono sì tolleranti ora, a meno che non siano in disaccordo con te. Per parafrasare William F. Buckley, un liberal è uno che accoglie il dissenso e che rimane sconvolto se scopre che davvero c’è qualcuno che dissente. La sinistra moderna in America è intollerante nei confronti delle idee delle persone di fede. Vuole una società completamente secolarizzata, dove le persone di fede tengono per loro le proprie idee.
Quarto, anche se questa guerra silenziosa alla libertà religiosa può non sembrare una questione urgente come il fatto che il nostro debito sia superiore ai 17 mila miliardi di dollari, essa è in realtà un problema pressante. Ricordate questa citazione del presidente Reagan: “La libertà è una cosa fragile, e non è mai più distante di una generazione dall’estinguersi. Non è nostra per eredità: dobbiamo combattere per essa, difenderla costantemente di generazione in generazione”.
Infine, permettetemi di menzionare un’incredibile ironia. Ho lavorato a questo discorso a lungo. E lo scorso giovedì, esattamente una settimana fa, è accaduto qualcosa di davvero bizzarro. La persona che è a capo della squadra che porta avanti questa silenziosa guerra contro la libertà religiosa ha parlato all’annuale Prayer Breakfast a Washington. L’argomento di cui ha scelto di parlare era la difesa della libertà religiosa.
Ero sconvolto, e scommetto che il presidente di Hobby Lobby, anche lui fra il pubblico, era a sua volta scioccato. Certo, il presidente Obama ha parlato in modo eloquente e raffinato, come fa sempre, degli orrori delle persecuzioni religiose che sono in atto oltre i nostri confini. Buon per lui. Siamo chiari, in America le chiese non vengono bruciate e rase al suolo, e i cristiani non vengono ammazzati per la loro religione. Non c’è paragone fra la persecuzione dei fedeli all’interno e all’esterno dei nostri confini.
Eppure, è scioccante sentire il presidente che parla di proteggere la libertà religiosa al di fuori degli Stati Uniti, e allo stesso tempo sapere che la sua Amministrazione sfida e cerca di toglierci le libertà religiose qui in patria. Ancora una volta, c’è una differenza grande come il Grand Canyon fra ciò che il presidente dice e ciò che il presidente fa.

Ecco cosa ha detto la scorsa settimana, prendendosi gioco del suo pubblico: “La storia dimostra che le nazioni che sostengono i diritti dei loro cittadini – incluso il diritto di libertà religiosa – sono più eque e più pacifiche e hanno più successo”. Ben detto signor presidente, non potrei essere più d’accordo.
Vi lascio con una battuta: il presidente è molto preoccupato per le libertà religiose… e se vi piace la vostra religione, ve la potete tenere.

di Bobby Jindal

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