Maometto non amava i poeti

Fin dal 624, secondo anno dell’egira, sotto il bastone di Maometto, le tribù ebree e cristiane, originarie di Medina, furono espulse da questa città o massacrate perché “si erano rifiutate di credere all’inviato di Allah„.

A seguito dei dissensi con gli ebrei che non lo accettavano come nuovo profeta, la città di Gerusalemme che aveva inizialmente eretto in direzione spirituale (qiblah) verso la quale tutti i musulmani dovevano voltarsi per pregare, fu sostituita. Maometto prese la decisione politica di esigere che i suoi credenti prendano ormai la sua città natale, La Mecca, con la sua Kaaba, come orientamento di preghiera. Decisione che legittima immediatamente, l’11 febbraio 624, come una prescrizione divina, con versetti che gli “erano scesi„ per l’occasione.

Per soddisfare le necessità economiche ed operare all’espansione dell’islam, Maometto ed i suoi guerrieri adottano ed intensificano la pratica delle incursioni e razzie alle quali sono legate le tribù arabe dell’epoca. Questi attacchi gli permetteranno così di arricchire la sua Comunità e la sua persona, grazie ai bottini di guerra, e spingeranno numerose tribù e popolazioni vinte, prive dei loro beni e spaventate dallo spettro della carestia, così crudele in pieno deserto, ad allearsi a lui nelle sue ambizioni egemoniche allo stesso tempo convertendosi all’islam.

All’inizio, gli attacchi sono perpetrati contro le caravane in provenienza o a destinazione di La Mecca e, più tardi, saranno lanciate in territori più lontani. Maometto non è dunque soltanto al capo di una religione, ma è anche un leader politico e soprattutto un capo militare, grande guerriero, particolarmente selvaggio, crudele ed intollerante, che organizza ed ordina assassinii mirati e massacri, su vasta scala. Raccomanda e pratica la Jihad, “la guerra santa„, questa “lotta per e nella via di Allah„, vere spedizioni di conquista del bottino con eliminazioni fisiche “degli infedeli„.

I primi combattimenti intervennero soltanto sei mesi appena dopo che si sia installato a Medina, con attacchi sorpresa di caravane in provenienza dalla Siria ed in direzione di La Mecca. Attacchi mortali che effettua anche nel momento della tregua del mese di radjab durante il quale è vietato fare scorrere del sangue. Nel marzo 624, nella città di Badr, Maometto, alla capo di un reggimento di 300 combattenti, attacca e saccheggia una ricca caravana mecchese che ritorna da Damasco (1).

Promette il paradiso ai suoi guerrieri che moriranno sul campo di battaglia, il combattimento che ne seguì fece molte morti. I musulmani uccisero un centinaio di avversari e persero quattordici combattenti che diventarono i primi martiri della Jihad. Ma al termine di questo combattimento, ottennero la loro prima vittoria riportando un importante bottino e fecero molti prigionieri. Immediatamente Maometto non esitò ad ordinare l’esecuzione immediata di tre prigionieri (Abou Jahl, Nadhr ibn Harith ed Oqba ibn Abi Mouayt) a causa di un vecchio rancore. Attraverso questi primi attacchi, sotto gli ordini del suo profeta, l’islam mostra il suo viso guerriero, intollerante e intransigente, che non perderà più nel corso della sua storia fino ai nostri giorni.

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